Dopo Blandamura: Asia amara per la nostra boxe, una storia di sconfitte

Le nostre trasferte mondiali in Asia hanno avuto si può dire poca fortuna. Prima di Emanuele Blandamura un bell’elenco di campioni provò ad espugnare un continente che è stato per noi quasi sempre un tabù. I motivi sono i più disparati cominciando dal fuso orario che regola un cambiamento di vita non sempre facile da smaltire in pochi giorni, bisogna anche mettere in conto la bravura degli avversari e qualche volta pure i verdetti non ci hanno certo aiutato. Di riflesso la situazione è completamente rovesciata quando i pugili asiatici si sono battuti per il mondiale in Italia dove hanno raccolto poco e niente. Qualche incontro lo ricordiamo e qualcuno ci viene in mente attraverso pubblicazioni. Non è facile fare un censimento di ciò e il beneficio d’inventario regola la nostra ricerca.

Il 16 dicembre del 1961 Sergio Caprari vola per Manila insieme al manager Gigi Proietti, dove lo attende Flash Elorde. Caprari va a questa sfida con tutti i crismi e i diritti. Era stato campione d’Europa, aveva perso prima del limite solo con un grande campione come Davey Moore, ma aveva sconfitto gente di caratura mondiale come il tedesco Willy Quatuor, i venezuelani Toni Padron e Sonny Leon a casa loro. Flash Elorde era campione di una categoria fatta rinascere, vale a dire i superpiuma. Ma il Filippino era già in pratica lo sfidante numero uno di Joe Brown, allora campione dei leggeri. L’incontro purtroppo riserverà per il pugile di Civitacastellana una brutta sorpresa. Colpito con un gancio destro tra mascella e collo Caprari crolla al tappeto e si rialza ancora scombussolato, subisce una nuova serie ed è nuovamente contato, Caprari si rialza e attacca, ma viene centrato e contato per la terza volta. Un round intenso nonostante mancassero pochi secondi alla fine. Gabriel “Flash” Elorde aveva già incontrato due italiani. Poco prima di Caprari aveva affrontato il pavese Giordano Campari vincendo ai punti; due anni prima il filippino aveva perso su un ring americano contro il nostro Paolo Rosi.

La rivincita mondiale ce la prendevamo il 23 aprile 1965 a Roma quando Salvatore Burruni tra l’entusiasmo generale conquistò il mondiale dei mosca dominando il tailandese Pone Kingpetch, ex detentore del titolo. Il grande campione algherese non ci pensò due volte nello stesso anno ad andare a Kokugikan per battersi con il gallo Katsuyoshi Takayama perdendo ai punti con verdetto casalingo.e a Bangkok contro Chartchai Chionoi, anche quì sconfitto ai punti. In entrambi gli in contri non era in palio alcun titolo. Anche il gallo Piero Rollo tentò l’avventura giapponese il 13 settembre 1962 a Tokyo, ma venne sconfitto da Katsutoshi Aoki, nessun titolo in palio.

Il 25 giugno 1966 Nino Benvenuti fresco campione dei superwelter a Seoul affrontava Kim Ki Soo, un coreano d’acciaio, che tra l’altro lui aveva eliminato alle Olimpiadi di Roma. Il verdetto piuttosto casalingo andò al coreano ma quello visto a Seoul non era certo il vero Benvenuti tra l’altro in lotta con il peso. Kim Ki Soo pensava di fare l’en plein in Italia a Milano, ma Sandro Mazzinghi lo rispedì in Corea dopo avergli tolto il titolo. L’incontro si svolse il 26 maggio del 1968 e fu tra i più drammatici della nostra storia. Tra l’altro Benvenuti si prese la sua rivincita asiatica a Roma, ma senza titolo, mettendo ko in 2 riprese Yoshiaki Akasaka il 7 giugno 1968.

Anche Sandro Lopopolo dopo aver conquistato il mondiale dei superleggeri contro Carlos Hernandez a Roma e averlo difeso contro Vicente Rivas, lo mise in palio a Tokyo contro Takeshi Paul Fuji, nato a Honolulu, ma residente a Tokyo. Il match si svolse in Giappone il 30 aprile 1967, ma purtroppo durò appena due round con sconfitta e perdita del titolo di Sandro Lopopolo. In compenso noi ci rifaremo a Roma grazie a Bruno Arcari, che il 6 marzo 1971 conquisterà il mondiale dei superleggeri superando dopo 15 durissime riprese il filippino Pedro Adigue.

Il giapponese Koichi Wajima dopo aver conquistato il 31 ottobre 1971 a Nihon il mondiale dei superwelter superando ai punti il nostro Carmelo Bossi, fece l’en plein sempre in Giappone mettendo ko in un round Domenico Tiberia (Fukuoka il 7 maggio 1972) e costringendo all’abbandono nel 13° round Silvano Bertini il 14 agosto 1973 a Sapporo. C’è da dire che Wajima contro Bossi vinse a maggioranza e per un punto, facile quindi capire come erano andate le cose.

I nostri rapporti pugilistici con l’Asia diradarono fino a quando il 10 gennaio 2008 a Osaka s’incontrarono per il mondiale WBC dei gallo il campione Hozumi Hasegawa e il nostro Simone “Boom Boom” Maludrottu, da tempo dominatore in Europa. Hasegawa era un grande campione ed era considerato all’epoca il miglior pugile del Sol Levante. Resta la sensazione comunque di un’occasione persa, perchè il giapponese aveva subito una brutta ferita al sopracciglio nel II round. Il sardo forse intimorito dall’ambiente, forse consapevole dell’importanza di una sua vittoria all’epoca, lasciò troppo  l’iniziativa al giapponese, che vinse all’unanimità anche se in affanno.

Chi invece ha da recriminare per il verdetto è Devis Boschiero quando il 6 novembre 2011 a Tokyo viene dichiarato sconfitto contro Takahiro Ao. Lo stesso vincitore non esulta e va da Boschiero a scusarsi. In palio era il mondiale superpiuma. Il veneto aveva vinto con chiarezza e uno dei giudici Ian John-Lewis aveva 116-113 per Boschiero, che era apparso già di per se ristretto. Degli altri due meglio non parlare, entrambi assegnarono un 115-113 al padrone di casa. Fu uno scandalo paragonato alla sconfitta di Vincenzo Nardiello alle Olimpiadi di Seoul.

Vogliamo finire questa nostra carrellata con la boxe rosa. La piemontese Loredana Piazza il 10 aprile del 2013 tentò l’impossibile per scalzare Naoko Yamaguchi dal trono dei supermosca femminili WBA, ma si dovette arrendere alla VII ripresa.

(alb)

Foto di Renata Romagnoli

 

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