Accadde oggi: 12 luglio 1950 Tiberio Mitri perde con La Motta

 Il 12 luglio 1950 è una data storica della nostra boxe. Tiberio Mitri all’epoca era l’incarnazione del “campione perfetto”. Bravura e bellezza si univano in perfetta simbiosi. Era bello vedere il medio triestino sul ring, i francesi ne erano estasiati. Tiberio non era solo un simbolo sportivo, ma era anche il simbolo di una bellissima città come Trieste che voleva tornare ad essere un Territorio Libero Italiano a tutti gli effetti. Tiberio Mitri era diventato un simbolo, come lo era la moglie Fulvia Franco, vincitrice al concorso di Miss Italia, e il cantante Teddy Reno con le sue belle canzoni nostalgiche sulla città. Mitri era diventato campione d’Europa a “furor di bravura” e a “furor di popolo”. Le sue straordinarie vittorie su Cyrille Delannoit e Laurent Dauthuille, entrambi di livello mondiale, avevano spostato l’interesse universale su di lui come il vendicatore di Marcel Cerdan, battuto da Jack La Motta. Ed era proprio Marcel Cerdan, prima del mortale incidente aereo, a pronosticare il triestino futuro campione del mondo. Colpì molto la fantasia degli appassionati di boxe questo Mitri e le sue imprese di cui avevano sentito parlare. Allora c’era una trafila tutta particolare per non dire altro. C’era una sola sigla governata da qualche personaggio non limpido. L’accordo venne firmato, ma prima Tiberio avrebbe dovuto farsi vedere dal pubblico americano. Due mesi prima del match avrebbe dovuto incontrare Dick Wagner, un mediomassimo ai margini per aver incontrato e dato filo da torcere ai migliori dell’epoca. Mitri passò a pieni voti quel test. Quando si presentò nuovamente al famoso Madison Square Garden di New York molti lo aspettavano con curiosità. Sul match La Motta e Mitri sono state scritte “montagne” di illazioni, considerazioni, sospetti. Ma forse la cosa più giusta è che Mitri, appena 24 anni, era arrivato a New York nel momento sbagliato. Forse se avesse aspettato ancora un po’ sarebbe cambiata tutta la storia. Un po’ più d’esperienza non avrebbe guastato soprattutto in un ambiente, quello americano, dove i medi e i massimi sembravano due casseforti di interessi imperscrutabili. Quella sera avvenne tutto senza storia, dopo un inizio favorevole a Tiberio, il resto fu un match a senso unico, una durissima punizione, che lo rivelò essenzialmente come pugile coraggioso, quasi stoico, che in qualche maniera arrivò alla fine delle 15 riprese. Con il senno di poi si capì che quella sera sul ring non c’era il vero Mitri. Eppure ragionando e comparando gli stili dei due campioni la differenza avrebbe dovuta essere minima. La Motta difenderà subito dopo il titolo contro Laurent Dauthuille, il Tarzan francese, e vincerà per ko alla 15ma ripresa quando era in chiaro svantaggio. Quel Laurent Dauthuille con il quale Mitrì “giocò”, arrivò a un minuto dalla gloria. Tiberio Mitri fece ritorno, ma qualcosa si era rotto al suo interno, alternò per un periodo vittorie a prove negative, perdendo con i francesi Ritter e Humez, pareggiondo con Livio Minelli e Mickey Laurent. Qualcosa dal lato fisico se ne andò, c’era da ricostruire un morale, uscito a pezzi dall’avventura americana. A questo provvederà Luigi Proietti, il grande manager romano, che pian piano ricostruì un mosaico fino a farlo tornare campione d’Europa nel 1954, proprio da dove era cominciata la sua “avventura” americana.

(alb)

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