Amarcord romano: La Palestra del Flaminio, Monzon e capo Repetto

di Vezio Romano

Negli anni settanta del secolo scorso la palestra di pugilato dello Stadio Flaminio di Roma era un importante luogo per gli allenamenti di prestigiosi campioni provenienti da tutto il mondo. Il responsabile della palestra era il maestro Carlo Repetto, per tutti Capo Repetto in riferimento al grado che ricopriva nella Marina Militare. Era un grande esperto di boxe con una particolare attenzione all’insegnamento della tecnica dei colpi. Molto distinto nel portamento e nel modo di fare, aveva grandi baffi bianchi che gli conferivano un aspetto inconfondibile. Nel mese di luglio del 1977 nella palestra del Flaminio si allenava il campione del mondo dei pesi medi Carlos Monzon in preparazione del suo secondo match con il colombiano Rodrigo Valdéz. Ero molto curioso di vedere da vicino gli allenamenti del grande campione argentino e così mi presentai all’ingresso della palestra, dove c’era capo Repetto. “Sono un modesto pugile dilettante, allievo del maestro Guido Fiermonte – gli dissi, stando sull’attenti – ho una grande passione per la boxe e vorrei assistere agli allenamenti di Monzon”. “Lei è molto educato, come tutti i ragazzi di Fiermonte” rispose. Poi, guardando il mio corto taglio di capelli, mi chiese: “Lei è militare?”. “Adesso no – risposi – ma tre anni fa ero sergente istruttore militare di educazione fisica”.” Bene, lei può entrare quando vuole” esclamò, aprendomi la porta. La possibilità di entrare in qualsiasioccasione era molto importante poiché, quando si allenavano i campioni, c’erano sempre svariate persone in attesa e solo a poche era consentito di accedere all’impianto. Presi posto così ad un lato del ring posto nell’ampia sala; accanto a me c’erano Repetto ed un altro competente maestro, Evergisto Stocco della gloriosa Polisportiva Indomita. Quando Monzon scese i gradini che collegavano gli spogliatoi alla palestra con il suo manager e allenatore Amilcar Brusa, tutti gli atleti e i tecnici presenti si azzittirono. “E’ un campione che ha un grande carisma – commentò Repetto – quando arriva lui, gli altri fanno silenzio”. Dopo alcuni esercizi di riscaldamento, eseguiti con apparente svogliatezza, Monzon salì sul ring. Davanti a lui c’era il campione italiano dei medi Mario Romersi. Questi aveva già fatto lo sparring partner per l’argentino in precedenti occasioni. Monzon lo colpiva con durezza, non lo risparmiava certo, ma Romersi era un tipo veramente “tosto”: incassava colpi tremendi ma cercava sempre di replicare, accorciando la distanza. Nei giorni seguenti vidi in azione altri due sparring partner, entrambi argentini. Uno era un certo Morales, molto più piccolo del campione e forse per questo con lui non affondava i colpi. Tutto diverso era invece con Norberto Rufino Cabrera, conosciuto in Italia per aver duramente battuto il peso medio Roberto Benacquista a Milano. Nonostante fossero evidentemente amici, sul ring Monzon lo colpiva in modo veramente pesante. Fisico compatto, collo taurino, Cabrera incassava tutti i colpi, compresi poderosi montanti al corpo. Due anni dopo Cabrera affrontò, pur sconfitto, addirittura il grande Marvin Hagler. Poi avvenne un fatto curioso che credo pochi conoscano. Prima degli allenamenti ero all’ingresso con il mio amico conte Roffredo Gaetani Lovatelli, pugile dilettante peso medio molto noto nell’ambiente poiché, quando combatteva al Palazzetto dello Sport di Viale Tiziano, il pubblico era composto in gran parte da membri della più antica nobiltà romana. Arrivò una Mercedes dalla quale scese un giovane alto, dalla pelle ambrata, vestito con abiti firmati e accompagnato da due persone. “E’ un pugile tedesco – disse capo Repetto – mi hanno detto che il padre è un imprenditore molto ricco di Monaco, proprietario di varie discoteche e la madre è una artista giamaicana. E’ venuto a Roma a sue spese, alloggia nello stesso albergo che ospita Monzon e addirittura ha affittato una Mercedes uguale alla sua. Vuole confrontarsi con il campione, non so come andrà a finire”. Poco dopo arrivò Monzon e, con mia grande meraviglia, mi salutò con un leggero cenno del capo: forse, vedendomi parlare sempre con Repetto, aveva pensato che fossi una persona importante. A bordo ring il tedesco e i suoi secondi si avvicinarono a Brusa e a Monzon e chiesero di poter effettuare alcune riprese di guanti. Grazie a Roffredo Gaetani Lovatelli, che parlava varie lingue, avevamo la traduzione simultanea sia dal tedesco che dallo spagnolo. Il pugile tedesco sul ring faceva la sua figura: vita stretta, spalle larghe, muscolatura notevole, altezza come quella del campione argentino. Iniziò la ripresa attaccando immediatamente con combinazioni a due mani. Monzon , colpito a freddo, dovette poi subire altri colpi e, fra lo stupore dei presenti, vacillò apparendo in grande difficoltà. Alla fine del round, ancora incalzato dall’avversario, il campione si appoggio alle corde di profilo e sparò un destro terrificante. In un attimo il tedesco era a terra con le gambe divaricate e, nel silenzio generale, si sentì la sua voce: “Che è successo? Dove Sono?”. Sembrava la scena di un film. Mentre i suoi secondi lo soccorrevano, Monzon rimase impassibile. Trascorse qualche minuto e il malcapitato si riprese completamente. Il campione si avvicinò a lui e gli disse testualmente: “Se smetti di fare lo stronzo, ti faccio fare un paio di riprese”. Il tedesco si rimise in guardia, ovviamente molto chiusa, e Monzon lo dominò in scioltezza, senza forzare, per due round. Al termine tutti i presenti applaudirono. Per la cronaca il giovanotto si chiamava Georg Seinherr e la “cura Monzon” evidentemente gli fece bene: negli anni seguenti mise in fila risultati positivi fino a conquistare il Titolo Tedesco dei medi, il Titolo Europeo dei Superwelter per poi ritirarsi nel 1985, con il Titolo in possesso e con un record di 26 vittorie, 3 pareggi e una sola sconfitta. Grazie alla disponibilità di capo Repetto, in seguito potei ammirare da vicino altri grandi campioni come, ad esempio, Rodrigo Valdez, l’avversario di Monzon, e Victor Galindez. Campione mondiale dei mediomassimi, era anche lui argentino ma molto diverso da Monzon: non alto per la categoria, molto mobile, maestro nelle schivate sul tronco. Quando incrociava i guanti con Pietropaolo Capezzone, suo sparring partner preferito, lo spettacolo era assicurato. Disponibile con tutti, Galindez era sempre allegro e sorridente, a differenza di Monzon e Brusa che non ridevano mai. La palestra del Flaminio, con tutti i suoi personaggi, ha rappresentato veramente un grande palcoscenico per gli amanti della boxe.

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