Una storia vera: L’ULTIMO SACRIFICIO DI BILLY MISKE

di Leonardo Pisani

È una storia vera, crudelmente vera anche se sembrerebbe la sceneggiatura di un film drammatico per suscitare sentimenti e commozione. Una storia accaduta realmente, anche se sembrerebbe nata dalla fantasia di Charles Dickens, ma invece è quella della breve vita di Billy Miske, che preferì una morte certa e veloce per salvaguardare la sua famiglia da problemi economici e debiti e scelse una morte prematura per assicurare benessere a moglie e figli. Parliamo di uno dei più forti pugili degli anni 10 e 20 del ‘900, un campione che non ha mai potuto vincere un titolo, perché non ebbe la possibilità nei tempi migliori accuratamente evitato per il campionato mondiale in palio da Jack Dillon, Battling Levinsky, e Georges Carpentier; ebbe la possibilità nei massimi solo quando ormai era malato ed alla fine non della carriera ma della sua breve vita in un’impresa impossibile contro il suo rivale di sempre Jack Dempsey. Nulla poteva, andò ko in 3 riprese ma ottenne quello che voleva, una grande borsa per eliminare i suoi debiti causati da una sfortunata attività commerciale e dare una garanzia di sicurezza economica alla sua famiglia, poiché era destino che morisse per un male incurabile. Questi era Billy Miske, grande pugile, uomo dal coraggio leonino e straordinario marito e padre.

Nato come William Arthur Miske il 12 aprile 1894 a Saint Paul, Minnesota da una famiglia di origine tedesca iniziò presto a combattere come professionista, nel 1913 come peso medio mettendo subito in evidenza le sue caratteristiche: un buon pugno, ottima tecnica, veloce con ambedue le mani e soprattutto un abile artista nel bloccare i colpi e nella difesa. Lo stesso Dempsey che lo affrontò tre volte e che lo stimava, sosteneva che era difficilissimo colpirlo con forza, tanto era abile nell’ eludere e fermare le azioni.

Una carriera quella di Miske non facile, innanzitutto essendo solo un medio aveva necessità di combattere spesso e contro i migliori per ottenere decenti borse e lui non evitò nessuno. Poi era un giovane del Midwest, non ebbe mai molto sostegno dalla stampa importante dell’epoca; nonostante combattesse con i migliori boxeur dell’epoca, e rasentasse quasi l’imbattibilità poco inchiostro fu versato sul biondo pugile; eppure già al secondo anno di carriera affronta e ottiene un No Decision contro il fortissimo Tom Gibbons, altro maestro di tecnica e difesa, uno dei migliori mediomassimi di sempre.

Inizia a crescere anche fisicamente e diventa un mediomassimo che non disdegna di combattere nella massima categoria, dal 1915 al 1919  affronta il Gotha delle tre categorie: il mondiale dei mediomassimi Jack Dillon 5 volte, altro il mondiale dei mediomassimi  Battling Levinsky 5 volte , l’abile Tommy Gibbons 5 volte, il picchiatore dei massimi “KO” Bill Brennan 4 incontri , il terribile Jack Dempsey ben tre volte  3, l’insuperabile Harry Greb 3 incontri , Bob Roper 3, il gigante Fred Fulton 2, il veterano Ed “Gunboat” Smith 2, il durissimo Kid Norfolk 2, ed il campione dei medi  Mike O’Dowd per due volte 2. Tra le sue vittime nelle 4 corde:Jack Lester, “Fighting” Dick Gilbert, Jumbo Wells, Jim Barry, Joe Bonds, “Wild” Bert Kenny, Tom Cowler, Ed “Gunboat” Smith, “Sailor” Ed Petroskey, “Wild” Bill Hart, “Fireman” Jim Flynn, Gus Christie, “K.O.” Bill Brennan, Walter “Farmer” Lodge, Lee Anderson, Jack Renault, “Captain” Bob Roper, Al Roberts, Billy Shade, Martin Burke, Homer Smith, Willie Meehan, Fred Fulton, Tommy Gibbons e  Harry Foley.

Eppure all’apice della carriera nessuna possibilità di un match per il titolo, accuratamente evitato da tutti; sostiene più di 80 incontri, solo una sconfitta ai punti nel 1917 contro Kid Norfolk, ma penalizzato anche di non vivere in qualche importante centro della boxe mondiale come New York o in California. Miske stimato, evitato, quasi imbattibile non ha la possibilità poi la tragedia. Nel 1919 inizia a stare male, si ricovera e gli viene diagnosticata una malattia terminale la “Brights Disease” una forma di nefrite che a quei tempi era una vera condanna a morte: se lasciava il ring poteva vivere ancora qualche anno. Miske però aveva un enorme problema, i suoi guadagni da pugile li aveva investiti per il suo futuro e della sua famiglia nel settore di vendita di automobili, ma l’attività stava fallendo; la sua malattia fu tenuta segreta. Le uniche persone che sapevano della sua condizione furono Jack Reddy, il suo manager, George Barton, un giornalista sportivo del Minneapolis Tribune; e il dottor Andrew Sivertsen  che gli aveva pronosticato la malattia. Miske disse alla moglie Marie che aveva solo qualche problema ai reni, nulla di grave, un po’ di cure e non c’erano problemi.

Il “The Sain Paul Thunderbolt” come era soprannominato invece decise di ritornare sul ring, sapendo che avrebbe accelerato la sua morte, ma non voleva morire lasciando la moglie vedova con i suoi piccoli in miseria ed iniziò un autentico tour di force affondando i migliori del suo tempo per eliminare i debiti e far rimanere qualcosa in eredità.

Dal 1919 al 1923 salì sul ring circa 23 volte, ogni volta poteva essere l’ultima: Jack Dempsey, Jack Renault, Bill Ko Brennan, Lee Anderson, Bob Roper, Willie Meehan, Tommy Gibbons, Harry Foley tra i nomi di alcuni avversari. Mascherava la sua malattia ai giornalisti facendo credere che si allenava in un luogo discreto presso un laghetto del Minnessota, in realtà aveva difficoltà anche a camminare e doveva rimanere spesso a letto.

In queste condizioni ebbe la possibilità del mondiale contro il grande Jack Dempsey ed anche un’ottima borsa di circa 19mila dollari che gli permise di togliersi gran parte dei debiti.

L’incontro si svolse a Benton Harbor nel Michigan, la prima difesa del titolo per il Manassa Mauler ed anche il primo incontro assoluto trasmesso per radio.

Miske va giù per 5 secondi nel secondo round, è la prima volta che conosce il tappeto; poi nella terza è raggiunto da un destro alla mascella è va ko. La prima ed unica sconfitta per fuori combattimento, malato terminale ci volle il massacratore Jack Dempsey per metterlo ko, questo fa capire il coraggio e la generosità di un grande e sfortunato boxeur. Ovviamente il Manassa Mauler non sapeva nulla delle condizioni fisiche di Miske, erano amici e sapeva solo delle difficoltà economiche, Miske gli aveva chiesto di dargli una possibilità perché in enormi difficoltà economiche e l’amico Dempsey volle l’incontro per aiutarlo. In una sua autobiografia Dempsey scrisse che si era accorto che non era il solito Miske perché non evitava i colpi come una volta, non era veloce come ai vecchi tempi, il Manassa Mauler poi raccontò: “Qualcuno disse che Billy aveva paura di me quel giorno, ma non era vero, mi affrontò con cuore e grande coraggio”.

La borsa aiutò ad eliminare gran parte dei debiti ma non le difficoltà, Miske doveva correre contro il tempo per assicurare un minimo di solidità alla famiglia, il denaro che racimolava era poco, ed alla fine fu costretto anche a vendere i mobili per tirare avanti, nel 1923 a gennaio riuscì a mettere ko alla prima Harry Foley, poi non ce la fece più:fu costretto a rimanere a letto ed a usare una sedia a rotelle: non era più l’uragano del Minnesota ma un uomo morente,fu costretto all’inattività e si nutriva solo di latte, passava il tempo a giocare con i bambini mentre la moglie  Marie cercava di guadagnare qualche dollaro per pagare le bollette. Poi si avvicinò l’inverno, venne la prima neve e questo fece rattristare Miske, pensò che presto sarebbe arrivato Natale e non aveva soldi né per un regalo ai suoi bambini nè per comprare un alberello. Prese una decisione coraggiosissima, forse dovuta dalla disperazione di un uomo morente: andò dal suo manager Jack Reddy e gli disse di trovare un incontro per far soldì. Ci fu un litigio, Reddy non voleva conoscendo che ormai Miske era troppo malato e prossimo alla fine, ma Billy insistette “”Per favore, Jack, sono al verde. Sai ho perso tutto nel business automobilistico. Conosci anche quando spendo per le cure mediche. Abbiamo anche venduto la maggior parte dei nostri mobili. Devi trovarmi un incontro per dare alla mia famiglia un felice Natale “.

 Miske fece l’estremo sacrificio: chiese un ultimo incontro per avere una buona borsa prima di morire. Non contro uno qualunque ma con uno dei migliori picchiatori e massimi del momento: Bill KO Brennan. Ormai non si poteva allenare, ai giornalisti che chiedevano come mai non si vedesse in palestra fu raccontato che aveva una palestra attrezzata presso la sua residenza estiva sul lago di Johanna.

Poi il 7 novembre 1923 il capolavoro di Miske, ormai alla fine della sua esistenza, impossibilitato ad allenarsi, pur avendo difficoltà a camminare si trasformò in un Dio della Guerra, in un eroe mitologico. Nessuno si accorse del suo stato di salute, anzi esaltarono la sua condotta sostenendo che era ritornato l’uragano dei tempi migliori. Miske sconfisse Brennan in tutto, velocità, combattività, non fece capire nulla al terribile picchiatore, anzi lo mise ko alla quarta ripresa. 

L’arbitro alzò il braccio di Billy Miske, il campione era ritornato a convincere; salutò il pubblico e fu l’ultima volta nella sua straordinaria carriera. Quel giorno guadagnò  2.400 dollari , comprò  mobili per riempire le stanze ormai vuote, erano rimasti solo  i letti, un tavolo da cucina e un paio di sedie, continuò la sua ultima battuta di caccia all’anatra. Per Natale prese un pianoforte per Marie; aveva una bella voce da contralto e aveva sempre desiderato averne uno. Poi una bicicletta per i figli, bambole e un orsacchiotto per la piccola Donna. Non si dimenticò l’assegno di Natale per i suoi genitori. Miske tagliò un albero il giorno della vigilia, poi mise palline e filande, il giorno di Natale fu uno dei più felici per il pugile: aveva reso felice la sua famiglia, osservava i bambini giocare con i doni natalizi, la moglie suonare il piano. Bill era contento, il suo sacrificio era servito; andò a dormire sofferente senza farsi accorgere di nulla a nessuno. Il giorno dopo stette male, non riusciva a camminare, chiamò il suo manager Jack Reddy. “Per l’amor di Dio, Jack, vieni a prendermi”, sussurrò. “Non riesco più a sopportare il dolore”

 Reddy arrivò di fretta con la sua auto, trovò Marie terrorizzata, ma riuscì a mettere il marito sul sedile posteriore. Corsero in ospedale, Marie teneva Billy in braccio, e le disse la verità sulla sua malattia. Sei giorni dopo, la mattina del nuovo anno, quel primo gennaio 1924  Billy Miske morì a 29 anni, combattendo fino all’ultimo istante della sua breve vita, ma  intensa, ricca di quella umanità di altri tempi, quando gli eroi erano tutto giovani, buoni e belli.

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