Accadde oggi: 8 marzo 1971 Frazier batte Alì nel “Match del Secolo”

Sono passati 50 anni da quell’8 marzo 1971 quando per un giorno la boxe si prese la prima pagina e la copertina di tutti i giornali, le riviste e i notiziari della Televisione. Sul ring del Madison Square Garden sarebbero saliti i due pugili più forti del momento: Joe Frazier metteva in palio il titolo di campione del mondo dei massimi contro il suo amico-rivale Muhammad Alì. Sono entrambi imbattuti, 31 vittorie per Alì e 26 per Frazier. Lo sfidante era già stato campione del mondo dal 1964 al 1967e la gente lo conosceva come Cassius Clay, e lo conoscevamo noi in Italia, appena 18 anni, come grande promessa vincendo l’oro alle Olimpiadi di Roma nei mediomassimi. Alle Olimpiadi seguenti nel 1964 a vincere l’oro sarà Frazier, mentre tra i professionisti Clay farà il bello e cattivo tempo dominando gli sfidanti e ridicolizzandoli. Clay è un fiume straripante non solo sul ring, ma anche fuori con la sua dialettica-mitragliatrice, molto utile per propagandare match soprattutto contro avversari “non eccelsi”, che a lungo andare davano l’impressione di salire sul ring ipnotizzati. Ma la grandezza di Alì la puoi calcolare con una semplice considerazione già attraverso le Olimpiadi. Nel 1960 vinse Alì, nel 1964 l’oro toccò a Frazier, mentre nel 1968 George Foreman “bastonò” i suoi avversari. In genere il successore si dimostrava superiore al predecessore, ma con Alì sarà diverso perché Frazier e Foreman, pur grandi campioni, verranno sconfitti dal “Labbro di Louisville”. L’allora Clay, campione, renitente alla leva verrà condannato rimanendo fuori dal ring per quasi 5 anni, per essersi rifiutato di combattere nel Vietnam. Non combatteva sul ring Cassius ma “parlava” e conquistava sempre più fans, soprattutto tra i pacifisti, mentre Frazier divenuto campione veniva visto come “successore” di Jack Dempsey e Rocky Marciano per il suo modo di combattere, Norman Mailer lo definiva come “una macchina da guerra”. Cassius Clay si chiama adesso Muhammad Alì, abbracciando una nuova religione, viene finalmente assolto, non è più un disertore, può tornare a combattere. Angelo Dundee quando lo rivede in palestra è sbalordito dalla sua forma fisica e soprattutto dalla scioltezza dei suoi movimenti. Alì si rimette in carreggiata battendo prima del limite Jerry Quarry e Oscar Bonavena, già avversari di Frazier. L’unico match possibile per attirare gli appassionati è la sfida tra Frazier e Alì. La gente è divisa su tutto, dalla politica, dalla simpatia e antipatia, dalle frecciate che i due si lanciano a getto continuo. Sembra in qualche modo di essere tornati al primo match tra Alì e Liston, dove il primo era il buono e il secondo l’orso cattivo, odiato dal pubblico anche perché troppo forte. Il match finalmente ha la sua data e la sua sede. L’organizzatore è Jeremy Perenchio, produttore cinematografico. Il bel mondo dello spettacolo e della politica fa a gara per avere il suo posto dentro il Madison Square Garden. I diritti televisivi vengono acquistati in 50 nazioni. Il match in Italia viene trasmesso alle 4,20 del mattino con la telecronaca di Paolo Rosi. Sembra di essere tornati al primo match tra Benvenuti e Griffith, trasmesso dalla radio con la cronaca di Paolo Valenti. Le luci nelle case rimangono accese, la gente si raduna insieme con gli amici in attesa dell’evento più reclamizzato di tutti i tempi. Anche l’Italia è divisa. Le scommesse vedono favorito Frazier per 2-1. Il match non è bello, ma ha una sua particolare intensità che i due acuiscono apostrofandosi sul ring, tanto che l’arbitro Arthur Mercante ordina loro il silenzio. Il match è spigoloso, cattivo. Il gancio sinistro di Frazier, più attivo, è una spada di Damocle verso Alì che mette in luce il sinistro veloce e insidioso, quasi sempre a segno. Si arriva al VI round, che Alì aveva pronosticato che sarebbe stato l’ultimo per Frazier, il quale per tutta risposta lo sfotte. A prenderle invece è Alì che si dirige all’angolo provato. Nel VII la situazione sembra capovolgersi, il pubblico incita i due. Al decimo round Frazier si presenta con un gonfiore al sopracciglio, sembra guidare il match ma va incontro ai diretti dell’avversario. Il match è altalenante e si arriva al XV round con la differenza minima, “forse” a favore di Frazier, ma è tutto da giocare fino a quando il famoso gancio sinistro di Frazier sembrò teleguidato alla mascella di un Alì stralunato che crolla seduto al tappeto. Un colpo preciso quanto duro che frantumò le certezze di Alì che rialzatosi dovette incassare altre mazzate al corpo. I due erano sfigurati mentre aspettavano il verdetto: Alì aveva il lato destro della mascella deforme, mentre Frazier aveva gli zigomi gonfi. Il verdetto viene letto in un silenzio surreale, vince Frazier all’unanimità (8-5, 9-6 e 11-4). “Il match del Secolo”, come verrà ricordato portò con sè alcune considerazioni sul proseguimento di carriera dei due. Frazier a detta di molti non sarà più quello di prima, anche se i due saranno protagonisti di altri due match, entrambi vinti da Alì. Quest’ultimo a detta di Roberto Fazi, grande inviato della Gazzetta e direttore di Boxe Ring, quell’8 marzo forse disputò il miglior match, pur perdendo, della sua incredibile carriera.     

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