Gli 80 anni di Bruno Arcari…AUGURIIIIII

Il primo di ogni anno è giornata di auguri particolari, nella nostra disciplina non si può fare a meno di indirizzarli a Bruno Arcari nato proprio il 1° Gennaio 1942 ad Atina, cittadina della Ciociaria. In pieno periodo di una guerra che costringe i genitori ad emigrare a Genova, città dove c’è maggiore possibilità di trovare un lavoro. Alla morte della madre, ancora un giovinetto, tocca a lui aiutare la famiglia per mantenere i tre fratelli. Non c’è tempo per pensare, Bruno non conosce il significato di gioventù, è subito uomo con tutte le responsabilità. Il suo mestiere è quello di fruttivendolo, ha un fisico robusto e le sue pause le trascorre su consiglio dello zio nella “G.Mameli Pejo”, una palestra di pugilato dove insegnano Alfonso Speranza e Armando Causa, i suoi primi maestri a cui rimarrà sempre legato. Genova diventa così la culla di due grandissimi campioni dominatori in assoluto dai 60 ai 63 kg.: parliamo di Duilio Loi, origini sarde, e Bruno Arcari, origine “ciociare”. Due nomi sempre sulla bocca degli esperti e degli appassionati. Chi è stato il più bravo? Impossibile trovare il vincitore, ma tutti sono d’accordo sulla loro grandezza. Due stili diversi, ma anche due caratteri opposti. Il giovane si mette subito in luce vincendo gli Assoluti a Modena (1962) e a Pesaro (1963). Diventa pedina fissa della Nazionale: medaglia di bronzo agli europei nel 1963, medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo e ai Mondiali Militari. Partecipa alle Olimpiadi di Tokyo, ma non è certo fortunato, costretto ad uscire per ferita al primo match. Sono tutti pronti a riconoscere la sua forza nel sinistro e la sua robustezza, ma nessuno può prevedere la sua carriera tra i professionisti con un esordio contradditorio. L’ 11 dicembre 1964 nel contorno del mondiale tra Mazzinghi e Manca, l’organizzatore Tommasi presenta al pubblico romano il suo nuovo acquisto su cui punta ciecamente. Arcari non lascia il segno, anzi il segno lo lascia il suo avversario Franco Colella con una testata che spacca le sopracciglia dell’esordiente che aveva all’angolo come procuratore Rocco Agostino. Il match termina al V round per ferita e Colella farà stampare nei suoi biglietti da visita “Vincitore di Bruno Arcari”. Solo un altro pugile per giunta italiano riuscirà a battere, sempre per ferita, il pugile Ciociaro due anni dopo in un match valevole per il titolo italiano contro Massimo Consolati, con cui si prendeva una pronta rivincita. Le uniche sue due sconfitte che non intaccarono il suo carattere, ma soprattutto non intaccarono mai la fiducia su di lui da parte di RinoTommasi e Rocco Agostino. Le sopracciglia fragili non lo fermeranno più. Il vero difetto di Arcari era quello di non sapersi pubblicizzare, le sue interviste non lasciavano certo il segno. E passò quasi inosservato il fatto che l’ 11 marzo del 1966 nel sottoclou dell’europeo tra Rinaldi e Del Papa aveva sconfitto ai punti l’ex campione mondiale dei leggeri, Joe Brown, nella parabola discendente ma con grande esperienza e soprattutto pericoloso nel produrre ferite con “i lacci” dei guantoni. Arcari che aveva al suo attivo da pro appena 9 match disputati sconfisse agevolmente un uomo che era stato campione del mondo dal 1956 al ’61 con ben 164 match disputati. Dopo la conquista del titolo italiano contro Consolati infila una serie di successi dove spicca quello sul talentuoso cubano Angel Robinson Garcia. Ormai si punta decisamente sul titolo europeo dove l’austriaco Johann Orsolics è il dominatore incontrastato dei superleggeri. Tommasi perse l’asta per organizzare il titolo anche perché Arcari non era ancora un beniamino del pubblico romano e difficilmente si sarebbe potuto riempire il Palasport. Il match si disputerà a Vienna il 7 maggio 1968 di fronte a 15mila spettatori, ma soprattutto con la diretta televisiva condotta da Paolo Rosi. Faceva effetto vedere la stazza fisica del campione, che sembrava un peso medio. Il match sarà considerato come il capolavoro della carriera di Arcari. Fu un match durissimo, impietoso, e Arcari demolì l’avversario in maniera quasi scientifica, incassando tutto e sgretolando la resistenza colpo dopo colpo fino alla dodicesima ripresa quando Orsolics crollò al tappeto. Fu un match che rimarrà nella storia degli annali di questo sport. Finalmente la gente capì il valore di questo atleta e, perché no, la sua grandezza. Bruno non trovava più ostacoli difendendo con facilità l’europeo contro Des Rea, Quatuor, Albornoz, Torcida. Allora erano campioni del mondo per la WBA Antonio Cervantes (Colombia) e il filippino Pedro Adigue. L’offerta di Tommasi venne raccolta dal filippino che accettò di venire a Roma il 31 gennaio 1970. Non molti gli spettatori al Palasport, circa 7mila. Arcari piaceva ma inspiegabilmente non attirava, in parole povere non era personaggio. Se quello contro Orsolic fu il match più bello di Arcari, quello con Adigue fu il più difficile. Fu una riunione in perdita nonostante il contributo della Fernet Branca. Adigue sembrava scolpito nel marmo, jncassatore eccezionale, pescò con un micidiale destro Arcari che “accusò” nel terzo round sia pure non visibilmente. A metà match comunque Adigue aveva speso quasi tutto, mentre Arcari avrebbe potuto disputare altre 10 riprese. Match non bello ma intenso, vittoria senza discussione. Tommasi aveva vinto una scommessa personale, era stato lui insieme a Franco Dominici (caposervizio del Corriere dello Sport) a credere in Arcari campione del mondo. Mantenne il titolo mondiale per più di 4 anni battendo gente del calibro di Renè Roque, Raimundo Dias, Joao Henrique 2 volte, Enrique Jana, Barrera Corpas, Everaldo Costa Azevedo, Jorgen Hansen, Toni Ortiz, buona parte prima del limite. Su di lui incombeva, però, un avversario molto difficile, il peso era diventato ormai un problema, ma si toglieva lo sfizio da welter di superare l’americano Harold Weston, di caratura mondiale, e costringere al pari l’astro nascente Rocky Mattioli. Si ritirerà nel 1972 con un record di + 70, di cui 38 per ko, – 2, =1. Era un guerriero, ma la maggior parte non lo accettava come fuoriclasse, quale era. E’ stato il numero uno, ma senza l’applauso che meritava. Taciturno, di poche parole, ma di molto rispetto per i suoi avversari. Per un po’ è rimasto nel mondo della boxe, un po’ con la Nazionale e un po’ come Procuratore di alcuni pugili per la Fernet Branca. Poco tempo per poi ritirarsi del tutto in silenzio…con pochi applausi e ingiustamente dimenticato. Caro Bruno nel gioco delle classifiche dei superleggeri di tutti i tempi forse non sei stato il più bravo, ma nessuno può negare che sei stato il più forte. Ti auguriamo Buon Anno e soprattutto Buon Compleanno.   

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