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E’ morto Rodrigo Valdez, il medio che fece tremare Monzon
Cartagena, 15 marzo 2017 – Aveva compiuto 70 anni il 22 dicembre scorso, con i nipoti e qualche amico di vecchia data. Rodrigo Valdez era nato a Rocha sulla costa, nel Nord del paese, dipartimento di Bolivar, regione caraibica. I Valdez erano pescatori da generazioni e il padre insegnò ai figli il duro lavoro sul mare, tra cui il piccolo Rodrigo jr. Vita grama, al limite della fame. Il ragazzino verso i 13 anni, entra in palestra e comincia a prendere a pugni prima il sacco e poi i compagni di ring. Fisico minuto, ma carattere da guerriero. Non aveva ancora compiuto 17 anni, quando debutta da professionista. Alterna il lavoro sul mare, a quello di pugile. Dopo aver fatto esperienza in Colombia, con 23 vittorie, due pari e due sconfitte di stretta misura, ottiene il primo ingaggio negli Usa. Debutta il 6 agosto 1969, a Las Vegas da medioleggero. Batte Peter Cobblah, un ghanese di stanza negli Usa e si assicura altri ingaggi. Il ragazzino dai riccioli folti e dagli zigomi pronunciati diventa cliente fisso delle arene americane. La voce di questo giovane guerriero corre sul filo e arriva anche in Europa alle attente orecchie del promoter romano Rodolfo Sabbatini, che opera in sintonia con l’amico Alain Delon, attore di successo col vezzo della boxe. Gestisce il meglio dei medi francesi, la categoria dove anche Valdez approda e i parigini conoscono il 18 dicembre del ’72. Sul ring del Parco delle Esposizioni batte nettamente Carlos Marks, il solido collaudatore di Trinidad & Tobago. L’anno dopo a Numea in Nuova Caledonia si impossessa della cintura NABF a spese di Bennie Briscoe, il “robot” di Filadelfia. E’ il primo riconoscimento ufficiale e l’inizio di una carriera che a tempi brevi lo porta all’occasione iridata. A proporla è Rodolfo Sabbatini, che già gestisce Carlos Monzon e ha scovato una nuova gallina dalle uova d’oro. Sono i favolosi anni ’70, dove la boxe ha spazi e circolano milioni a palate. Le televisioni rincorrono i promoter più importanti, ci sono affari per tutti. Anche per Valdez, che da tempo invia i guadagni alla madre, la quale grazie alla boxe, avversata inizialmente, ora accoglie come una benedizione e la soluzione ai problemi quotidiani. Diventa campione del mondo WBC il 30 novembre 1974 alla vigilia dei 28 anni, battendo per la seconda volta Bennie Briscoe sul ring dello stadio Luis II a Montecarlo. A bordo ring oltre alle star del momento e i ricchi stranieri che hanno barche di tanti milioni in rada, c’è anche Carlos Monzon, con la sua corte e la cintura WBA, conquistata nel ’72 a spese del nostro Nino Benvenuti. Il primo segnale di un disegno che li porterà ad affrontasi qualche stagione dopo. Al momento, l’ex pescatore percorre la strada delle difese vittoriose. In Colombia è un idolo, lo chiamano “il puma” per quel modo di combattere sempre all’attacco e una potenza incredibile in quelle braccia asciutte e nervose. Cinque difese attive e borse sostanziose portano il colombiano al convincimento di essere maturo per vedersela con l’argentino dagli occhi di ghiaccio. Non scherza neppure Valdez, che spegne i sogni di Tonna, il francese-tunisino con radici italiane, cocco di Delon che deve arrendersi a Parigi all’11 round, sfinito e sfigurato. Stesso trattamento nel ’75 per Ramon Mendez, l’argentino di stanza a Genova sotto le cure di Rocco Agostino, finito KO all’ottavo tempo a Cartagena, qualche mese dopo sullo stesso ring è la volta del grintoso californiano Rudy Robles. Ci prova anche il franco marocchino Max Cohen, idolo degli immigrati dal Nord Africa, ma trova disco rosso. Il 26 giugno 1976 arriva il momento della supersfida. Per Monzon è la 13° difesa e pur partendo favorito, qualche dubbio inizia ad insinuarsi anche nel suo clan. Comunque sia, gli organizzatori non corrono rischi. Il festival è da primato. Il bordo ring sfavilla di star, accanto alla compagna Susana Gimenez, sfilano Omar Sharif, Yves Montand, Jean-Paul Belmondo, Natalie Delon, Mireille Darc e Laura Antonelli, presenti Gianni Agnelli col giovane Luca di Montezemolo fino al principe Ranieri III, che ha un esercito di poliziotti a proteggerlo. Le emittenti di tutto il mondo sono presenti, dall’America all’Europa, perfino la nostra Rai sborsa 30 milioni e non sono noccioline, i telespettatori superano i 500 milioni e gli introiti oltre il milione di dollari. La doppia sfida tra i due non tradisce le attese, Monzon vince entrambe le volte, la prima con un thrilling finale. All’11° round l’argentino è indietro nel punteggio, ma trova il destro del destino che gli permette di vincere ai punti, e doppiare il bottino, portando via al colombiano la cintura WBC e mantenendo quella WBA. La battaglia è stata tremenda, sicuramente dispendiosa per entrambi, ma proprio per questo motivo, la rivincita è d’obbligo. Fissata tredici mesi dopo, sempre a Montecarlo. Valdez che nel frattempo ha fatto entrare nel team Emile Griffith e mantiene al suo angolo il manager Gil Clancy, si allena intensamente perché vuol vincere. Il bis sembra dargli ragione, nel secondo round un destro pizzica Carlos al mento, che si ritrova in ginocchio al tappeto. La folla è incredula, il campione in crisi, ma non vinto. Round dopo round, ricostruisce il filo della battaglia e recupera, almeno per i giudici fino a spuntarla. Per il pubblico è un verdetto bugiardo. Monzon resta campione, ma gli applausi sono per lo sconfitto. Un mese dopo ad agosto 1977, l’argentino annuncia il ritiro. Il guerriero più spietato dei medi, abbandona il ring, con uno score di 83 vittorie, 14 difese del mondiale, 3 sconfitte e 9 pareggi. L’ultima sconfitta risale al ’64. Le cinture vacanti vengono messe in palio tra Valdez e l’inossidabile Briscoe il 5 novembre dello stesso anno sul quadrato allestito nel Salone delle Feste di Campione d’Italia. Valdez si conferma più forte per la terza volta del filadelfiano, al quale manca la scintilla della fantasia, per superare un rivale con qualcosa in più. Valdez torna campione. A cingergli il doppio trofeo è lo stesso Monzon, ormai ex, con qualche sorriso in più. Il 22 aprile ’78 a Sanremo, nella prima difesa, trova un altro argentino, di fresco conio. E’ l’inedito mendocino Pastor Hugo Corro, che lo batte con più facilità del previsto. Stesso risultato a Buenos Aires, ampliando il divario. Rodrigo capisce che è arrivato il tempo del ritiro. Con la boxe ha sistemato tutti, la mamma e i fratelli, che adesso hanno casa propria e possono sorridere alla vita, senza rischiarla in mare. Due anni dopo, la nostalgia del ritorno lo coinvolge e torna a combattere. Niente di straordinario, due vittorie contro collaudatori modesti a Bogotà, davanti al pubblico di casa. “Volevo chiudere nel segno della vittoria – confessa ai cronisti -, ma adesso mi ritiro sul serio”. Promessa mantenuta. Per anni ha fatto il maestro ai ragazzi di Rocha, da tempo si godeva il frutto delle sue fatiche. Ha chiuso gli occhi per sempre, sognando le sue vittorie e l’affetto dei tanti ammiratori, che a distanza di anni, lo fermavano per strada, stringendogli la mano. Buon viaggio campione sulle nuvole bianche a forma di ring.
di Giuliano Orlando
Foto: Archivio Storico FPI