Lou Duva, una vita per la boxe

Mercoledì 8 marzo, all’età di 94 anni, è morto per cause naturali in un ospedale di Paterson, in New Jersey (Usa), uno dei personaggi più famosi della boxe americana: Lou Duva. Ha fatto parte dell’ambiente per circa settant’anni in qualità di pugile, allenatore, manager, organizzatore ed ha gestito 19 campioni del mondo. Il momento più celebre della sua carriera di allenatore, quello che tutti ricordano, risale alla sfida tra  Meldrick Taylor e Julio Cesar Chavez svoltasi il 17 marzo 1990 a Las Vegas per il titolo mondiale dei pesi superleggeri. Taylor era campione IBF, mentre Chavez era campione WBC. Taylor aveva quasi battuto Chavez prima di essere spedito al tappeto e fermato dall’arbitro Richard Steele nel corso del dodicesimo round (mancavano solo due secondi alla fine del match). Dopo undici riprese i cartellini dei giudici erano 107-102 e 108-101 in favore di Taylor e 105-104 per Chavez.  Mancano 17 secondi alla fine quando Chavez fa volare al tappeto Taylor con un destro alla mascella. Passano alcuni secondi prima che Richard Steele inizi il conteggio, quando lo finisce guarda Taylor negli occhi e decide di fermarlo. Richard Steele chiese due volte a Taylor se fosse a posto (Are you all right?) e Taylor non rispose. Subito dopo il giornalista televisivo Larry Merchant chiese a Lou Duva cosa pensasse delle parole di Richard Steele che aveva dichiarato: “Non mi importa quanto tempo rimane. Se ho un pugile malridotto di fronte a me, non voglio che venga colpito di nuovo.” Senza tanta diplomazia, Lou Duva rispose: “Stronzate. Non credo che fosse malridotto. Si è alzato. Al conteggio di sei, era in piedi.”  Per la rivista The Ring, Taylor-Chavez è stato il “combattimento dell’anno” nel 1990. Come tanti altri allenatori di successo, Lou Duva era stato un pugile mediocre: tra il 1942 e il 1945 era salito sul ring 16 volte con un bilancio di 5 vittorie, 10 sconfitte e 1 pari. Allenare, dirigere la carriera dei pugili ed organizzare manifestazioni sono mestieri diversi rispetto a quello del combattente professionista. Lou Duva  era stato votato “Manager dell’anno” dalla Boxing Writers Association of America nel 1984 e nel 1993. Sempre nel 1993, la BWAA gli ha anche dato il premio alla carriera. Nel 1998 Lou Duva è stato ammesso nella International Boxing Hall of Fame di Canastota (Stato di New York). Nel 1987 e nel 1994 è stato premiato “Allenatore dell’anno” dalla World Boxing Association. Ho conosciuto Lou Duva nella primavera del 2008,  al Theater, la sala piccola del Madison Square Garden (piccola per modo di dire, contiene 5.600 posti), dove erano confluiti parecchi grandi nomi della boxe di New York  per un evento privato, ed ho potuto constatare quanto fosse popolare: tutti facevano a gara per stringergli la mano, scambiare qualche parola, perché lo consideravano una star al pari dei campioni di boxe o dei divi del cinema. Lui era felice di tanta attenzione, si notava che si sentiva a proprio agio insieme ai fans, ai giornalisti ed ai fotografi, una qualità che ad altri addetti ai lavori manca ed infatti nessuno si scomoda per intervistarli. Lou Duva era proprio un tipo da film con il suo accento italo-americano, il suo modo di fare chiassoso, a volte irruento, il suo carisma che spingeva giornalisti e addetti ai lavori presenti in palestra a guardare lui piuttosto che i pugili che allenava.  E quando i suoi pugili combattevano, tutti ascoltavano con attenzione le parole di Lou Duva tra un round e l’altro. Una cosa che i commentatori televisivi italiani dovrebbero imparare: agli appassionati interessa sentire cosa dice l’allenatore al pugile, quindi non c’è bisogno di parlare durante il minuto di pausa. Negli Stati Uniti, anche chi non segue la boxe sapeva chi fosse Lou Duva e riconosceva subito la sua faccia. L’avevano vista sui giornali e in televisione, non solo in occasione degli eventi di pugilato. Se c’era l’occasione di parlare di fronte ad un microfono, Lou Duva non se la lasciava scappare. Inoltre, era uno che diceva le cose che doveva senza girarci intorno e questo piaceva al pubblico ed ai giornalisti. Infatti, quando si è saputo della sua morte sono apparsi articoli sui più importanti quotidiani online d’America: dal Los Angeles Times, al New York Post, al New York Times, a Usa Today. Grande risalto anche sui siti web sportivi come quello della rete televisiva americana Espn. Moltissimi addetti ai lavori hanno voluto raccontare ai giornalisti la loro amicizia con Lou Duva.  Tutti quelli che lo hanno conosciuto bene lo descrivono come un uomo a cui piaceva parlare per ore di boxe e raccontare aneddoti su Rocky Marciano ed altri leggendari campioni. Dicono anche che non si fosse mai dimenticato della presunta ingiustizia subita da Meldrick Taylor contro Chavez. Vale la pena ricordare che i due si affrontarono di nuovo il 17 settembre 1994 a Las Vegas e vinse Chavez per ko tecnico all’ottavo round. Dopo sette riprese, questi i cartellini dei giudici: 66-66, 68-66 e 69-64 in favore di Chavez. Probabilmente, Chavez e Taylor avrebbero potuto combattere cento volte e la sfida sarebbe sempre stata equilibrata. Dalla parte di Chavez, la potenza che gli ha consentito due volte di vincere prima del limite. Gli addetti ai lavori americani sono anche concordi nel dire che non ci sarà più uno come Lou Duva. Magari ci saranno allenatori egualmente bravi che condurranno 19 pugili al titolo mondiale, ma è difficile che qualcuno di loro diventi un personaggio in grado di divertire il pubblico e la stampa.

di Luca De Franco

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