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La boxe contro lo stress della vita quotidiana: l’originale idea di Vincenzo Cantatore
Roma, 25 aprile 2017 – E’ stato campione italiano dei pesi massimi leggeri, campione europeo e due volte sfidante al titolo mondiale.
E’ pugliese ma residente da sempre nella capitale ed oggi, a distanza di dieci anni dal suo ultimo incontro ufficiale, è in procinto di aprire una palestra decisamente particolare.
Parliamo di Vincenzo Cantatore, uno dei protagonisti del pugilato italiano degli ultimi vent’anni, personaggio “sui generis” che ha sempre combattuto lo stereotipo del pugile bullo di periferia.
Per lui, più che per altri, il pugilato ha significato disciplina, rispetto per l’avversario e dedizione e da oggi anche qualcosa in più.
E si perché la palestra che ha da poche settimane inaugurato nel cuore del quartiere Flaminio di Roma sarà un luogo dove – oltre ad imparare a boxare – si andrà per combattere le proprie ansie, le proprie debolezze e le proprie dipendenze della vita di tutti i giorni.
Vincenzo, in cosa la tua palestra si differenzia dagli altri centri sportivi dove è possibile praticare il pugilato ?
“Te lo spiegherò in maniera molto sintetica. L’obiettivo dei miei corsi è quello di aiutare la gente comune e dunque non solo chi vuole intraprendere il pugilato in maniera agonistica a liberarsi dai propri tabù e dalle proprie paure. Mi rivolgo dunque ad avvocati, manager, dottori, impiegati ed a chiunque ambisca a potenziare non solo il fisico ma anche e soprattutto la propria mente”
Come nasce questo tua iniziativa ?
“Nasce dalla volontà di sposare la mia passione per lo sport con la mia capacità di intervenire in modo positivo nella testa delle persone. Per anni ho fatto volontariato, dentro ai carceri ed all’interno di centri specializzati e mi sono reso conto di come abbia ottenuto con alcuni pazienti dei risultati che neanche dei professionisti affermati sono riusciti a raggiungere. Da qui l’idea di aprire una palestra capace di allenare contemporaneamente corpo e spirito”
Perché hai aspettato più di dieci anni per lanciarti in questo progetto ?
“Avevo bisogno di staccare la spina da un ambiente che mi cominciava a stare stretto e dovevo ricaricare le batterie. Una volta appeso i guanti al chiodo non c’era giorno che qualche mio conoscente non mi chiedesse il motivo per cui non aprivo una palestra. Io ho preferito guardarmi intorno, frequentare dei corsi specifici e fare esperienze diverse in Italia come all’estero. Il nome della palestra (Top Rank) ad esempio deriva da quella aperta da Floyd Mayweather a Las Vegas che ho frequentato per un paio di mesi nel 2001. L’idea invece di insegnare la boxe per fini diversi da quelli agonistici è riconducibile ad un incontro che feci qualche anno fa durante uno stage con un imprenditore di Lecco (Tiberio Rota) che stava investendo in una palestra per curare i malati di Parkinson. Insomma, nella vita bisogna saper rispettare certi tempi e solo ora mi sono sentito pronto per vivere questa grande avventura”
Ci sono esempi simili anche all’estero o sbaglio ?
“Il metodo RSB (Rock Steady Boxing) è stato inventato nel 2006 dall’ex procuratore legale americano Scott Newman a cui venne diagnosticata a soli quaranta anni una forma acuta del morbo di Parkinson. Grazie ad un suo amico che gli fece conoscere la boxe, Newman scoprì i benefici che questa disciplina induceva sulla sua malattia e decise di condividere questa sua esperienza con altri malati aprendo dei centri specializzati. Oggi esistono più di quaranta palestre di questo tipo negli Stati Uniti. Io ho voluto fare qualcosa di leggermente diverso non pensando solo ai malati di Parkinson ma supportando la gente comune nel superamento delle proprie negatività”
C’è un fondamento medico alla base di questi corsi ?
“Assolutamente si. Le lezioni sono mirate alla produzione di dopamina, una sostanza che viene meno nei depressi o in quei ragazzi che fanno un uso prolungato di droghe e che nel tempo si robottizzano perdendo ogni capacità di reazione. Gli esercizi che facciamo funzionano meglio di tanti medicinali e determinano una significativa creazione di questa sostanza indispensabile per il benessere del nostro organismo e della nostra mente”
Che impegno settimanale viene richiesto a chi decide di frequentare questa metodologia ?
“Si prevedono quattro percorsi settimanali in cui si alternano esercizi fisici ispirati alle più tradizionali metodologie di allenamento del pugilato con sedute di terapia collettive nell’ambito delle quali gli allievi avranno modo di condividere tutte le loro ansie e le loro paure. Un potenziamento generale che coinvolge corpo e mente, due aspetti che troppo spesso tendiamo erroneamente a separare”
Sedute di terapia, ho capito bene?
“Si, per essere più precisi si tratta di gruppi di informazione delle funzioni della mente. Il mio obiettivo è quello di risintonizzare la salute fisica con la testa. E’ inutile allenarsi pensando ai problemi legati al lavoro. Si finisce con il fare male tutte e due le cose. Meglio un giorno allenare solo il fisico ed un altro solo la testa che dobbiamo considerare alla stessa stregua di un muscolo che necessità di esercizio”
Ha fatto tutto questo da solo ?
“Mi sono avvalso del supporto di uno dei più autorevoli psichiatri e psicologi italiani e cioè del dr. Santo Rullo che ho conosciuto durante la mia attività di volontariato a Villa Letizia. Lui è il Presidente del Comitato per il Calcio per la salute mentale e prima ancora di lanciarci in questo progetto mi ha voluto accanto come preparatore atletico della nazionale italiana. Nel 2018 avranno luogo a Roma i Mondiali che coinvolgeranno otto nazioni e l’iniziativa sarà oggetto di un docureality prodotto dalla Rai. Tra di noi c’è stata subito una straordinaria sintonia ed abbiamo capito che unendo le nostre diverse esperienze avremo potuto fare qualcosa di veramente utile per la gente”
Oltre a lui chi ti senti di ringraziare ?
“Una persona su tutte e cioè il Presidente Giovanni Malagò che da vero uomo di sport si è subito interessato all’idea tanto da dare il patrocinio del Coni e del Credito Sportivo. Il Presidente è il mio primo tifoso e fin dal primo momento ha creduto fortemente in questo progetto che considero rivoluzionario nel rapporto tra sport e salute mentale”.
di Stefano Buttafuoco