Elio Calcabrini racconta… Benvenuti e Monzon.

di Giovanni Calabresi

Elio Calcabrini, Campione d’Italia e Campione d’Europa dei Pesi Medi, titoli conquistati nel 1973 è stato uno dei pugili più generosi e coraggiosi che abbia avuto il pugilato italiano. Elio a riprova del suo valore di pugile venne a suo tempo richiesto da due Campioni del Mondo dei Pesi Medi per la preparazione delle loro sfide. Nino Benvenuti che lo volle come sparring per la rivincita  contro Carlos Monzon, mentre l’argentino lo volle sempre come sparring per la preparazione delle sue difese del Titolo Mondiale in Europa; ma lasciamoci raccontare da Elio nella sua bella casa a Cisterna di Latina come si svolsero le cose.

Elio come venisti contattato dai due clan?

Era il 1971, la preparazione per il match di ritorno con Monzon, Benvenuti l’ha sostenuta a Milanello perché essendo amico di Nereo Rocco di Trieste, l’allenatore del Milan di quei tempi gli ha permesso di fare l’allenamento dentro il centro sportivo dove si allenava il Milan e abbiamo fatto li tutta la preparazione durata un mese e mezzo. Per la preparazione di Benvenuti venni contattato tramite l’organizzatore Rodolfo Sabbatini, che ha visto il binomio buono tra me e lui, a Benvenuti faceva comodo uno come me. Nino in quel periodo aveva intuito che l’organizzazione lo stava abbandonando e non era in buoni rapporti neanche con il suo manager storico Amaduzzi, allora si era affidato a Toni Caneo che era stato uno dei suoi insegnanti quando era ancora dilettante e per l’occasione si tagliò i capelli a spazzola come alle Olimpiadi di Roma dove aveva conquistato l’Oro.  Per quanto riguarda la preparazione di Monzon successe che quando Carlos conquistò il Mondiale contro Benvenuti, tornò a Roma per una presentazione ufficiale alla stampa mondiale ed europea, durante la quale doveva sostenere sei round di sparring contro sei pugili diversi, io ero il quinto e la ripresa finì in scambi terribili tanto che dovettero salire sul ring quattro persone per separarci. Il sesto avversario era Zampieri che vedendo la piega presa non se la sentì di salire sul ring contro Carlos, allora feci cenno a Sabbatini che l’avrei fatta io e andò sempre come quella di prima con una bella scazzottata che nessuno si aspettava, ma  questa prova mi valse la stima e  l’amicizia duratura di Monzon che mi volle per tre anni come sparring d’eccezione nelle sue preparazioni per le difese del Titolo. Carlos mi telefonava dall’ Argentina per sapere se fossi stato disponibile, facevamo la preparazione a Roma nella palestra dello Stadio Flaminio dove c’era Capo Repetto che voleva far portare a Carlos il sinistro secondo le sue convinzioni, ma Carlos non gli dava retta e poi andavamo in Francia, in Danimarca, dove erano le sue difese.  Si instaurò una forte amicizia, si congratulò   con me con un telegramma dopo la mia vittoria contro Sterling che mi valse il Titolo Europeo e mi volle come sottoclou nella sua difesa contro Bogs a Copenaghen. La mattina seguente scesi nella sua suite, lui era al settimo piano io all’ ottavo e facemmo colazione insieme. Sono stato ospite di Alain Delon a Parigi, per assistere al match tra Mundine e Briscoe, eravamo nello stesso albergo e dico che, se l’australiano avesse dosato meglio le sue energie avrebbe portato a casa il confronto, era uno spettacolo vederlo combattere. Quindi sono stato sparring di Carlos per le sue difese del Titolo in Europa, una volta al Flaminio c’era anche Hugo Corro che veniva dallo stesso ambiente difficile di Monzon, infatti, anche lui aveva avuto una pallottola dietro le spalle in un punto delicato che non si poteva togliere e c’era il sempre presente Tito Lectoure il patron del Luna Park di Buenos Aires dove si svolgevano le grandi riunioni di boxe argentine che voleva lanciare Corro ad alto livello. Come sparring   c’era anche Antonio Aguilar un bravissimo ragazzo che era soprannominato “la Vacca” perché aveva una andatura ondeggiante, Aguilar aveva battuto Monzon da dilettante e nei suoi primi match da professionista poi venne battuto due volte nelle rivincite. A Monzon due giorni prima del match con Griffith in Francia venne ucciso un fratello durante una sparatoria in un bar. Monzon dopo il match in Danimarca contro Tom Bogs, mi invitò nella sua suite e mi mostrò un album in cui si vedeva che aveva incontrato tutti i più forti e li aveva battuti a casa dell’avversario, si era sempre spostato da Santa Fé, praticamente quell’uomo è stato tenuto in naftalina poi quando hanno visto che era il momento opportuno lo hanno tirato fuori. E ha tenuto il Titolo Mondiale per sette anni, non gli è passato davanti nessuno

Elio come era la giornata tipo a Milanello ?

Al mattino footing si rientrava e c’era il preparatore atletico di Milanello che ci faceva fare la ginnastica, a volte qualche passeggiatina all’ esterno e la sera in palestra, erano due allenamenti e mezzo al giorno poi la cena, peso permettendo e si andava a letto, vivevamo insieme ai calciatori del Milan era un ambiente sereno, bello e messo a posto. C’era grande sintonia con i calciatori, ricordo Rivera, Rosato, Cudicini il portiere che era all’ultimo anno della carriera, Schnellinger con la moglie e i figli, tutti biondissimi. Inizialmente come sparring c’era anche Sergio Jannilli un mediomassimo poi venne chiamato nelle Ferrovie e rimisi soltanto io. Nereo Rocco era una bravissima persona ricopriva un ruolo importante ma era una persona semplice con un buon carattere, disse di me a Nino: – “Vai Nino che questo ragazzo ti farà riconquistare il Titolo”.

E la giornata tipo al Flaminio?

Al Flaminio era tutto uno sberleffo, un ridere un’ atmosfera molto allegra ma quando si saliva sul ring cambiava tutto, uno a te uno a me. Amilcare Brusa, il gigante buono un omone alto quasi due metri era il manager di Monzon mi incitava, quando facevo qualche azione che metteva in difficoltà Carlos. Brusa mi incitava di ripeterla, era quello che voleva, l’uomo che impegnava Monzon.

Impressioni sulla forma di Benvenuti a Milanello.

L’impressione che mi ha fatto a quei tempi era che col cervello c’era, con le mani c’era, col fisico c’era ancora ma non vedevo più l’estro del campione, probabilmente era in una fase un po’ calante. Non vedevo più quel guizzo che aveva lui ma quando aveva la serata buona con quel gancio sinistro era un’ira di Dio, non sapevi che fare. A volte lo vedevo esausto un po’ spento a volte svogliato, però bisogna anche dire che ha perso contro Monzon ed erano ormai dieci, dodici anni che era Benvenuti.

Chi dei due faceva più male come colpo singolo?

Più male come colpo singolo era Benvenuti in assoluto perché Nino quando ti colpiva sentivi il colpo che ti intontiva, mentre Monzon se ti prendeva anche su una spalla il dolore faceva il giro del corpo e ti ritornava nel punto dove ti aveva colpito, una sensazione strana, unica. Ed era quello che alla lunga ti demoliva, due, tre colpi li reggevi ma alla lunga nove, dieci di quei colpi non li sopportavi più, io credo che fosse questa la carica di quell’ uomo.

Elio i due pugili psicologicamente come erano, nel rapporto umano con te?

C’era una differenza abissale nel senso che Monzon veniva da un ambiente duro, un indio cresciuto in un mondo difficile, Benvenuti invece era il tipico ragioniere con giacca e cravatta che si presenta bene, una grandissima persona che parlava e rispettava tutti, un uomo intelligente; mentre Monzon era più istintivo nelle reazioni e a qualsiasi cosa ma era dovuto all’ ambiente da dove veniva. Ho avuto i rapporti con lui per tre, quattro anni si col tempo si era molto incivilito, integrato e tra noi era nata una simpatia, lui argentino io italiano ci capivamo quel pochino che bastava, ma quando andavamo all’ estero a vedere un film si sparava delle risate anche sguaiate. Era nato un bel rapporto, mi scriveva, mi mandava gli auguri, col tempo si era ingentilito e calmato.

Un Nino più giovane a tua esperienza come sarebbe andato contro Monzon?

È un grosso punto interrogativo, ma grosso grosso, adesso può essere per simpatia ma con Nino ancora mi sento non è per fargli un torto personale, ma è un grosso punto interrogativo io lo lascerei al centro non pende da una parte o dall’ altra.

Le migliori qualità pugilistiche dei due?

 La migliore qualità di Benvenuti era l’estro del Campione aveva qualcosa in più degli altri, era sopra la media aveva dei colpi che non è che li portava per caso erano voluti e dovuti e riusciva sempre a dare il meglio di sé, mentre Monzon era la carica distruttrice se decideva di fare una cosa non ci sarebbero stati santi che lo fermavano, era un bulldozer

Gli allenatori di Benvenuti a Milanello come prepararono il match, cosa gli dicevano?

A Milanello c’era il suo primo Maestro della palestra di Trieste, Toni Caneo ma ho sentito più di una volta Nereo Rocco che lo caricava e col quale aveva una amicizia di vecchia data.

Poi è venuto alla ribalta Hagler che abbiamo visto tante volte in televisione, come te lo immagini un match tra Hagler e Monzon?

Si io quest’era la chiamo l’era dei pelati perché ce n’era più di uno.  vinceva Monzon, guarda io in Francia mi allenavo con Toni Mundine che era uno spettacolo vederlo combattere, ed ho conosciuto Briscoe che era nel mio stesso albergo in Francia, ma Monzon era una spanna sopra a tutti, perciò, dico che Hagler con lui avrebbe perso.

Nella foto Calcabrini con Nino Benvenuti e Toni Caneo