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Il Veneto in lutto: Plinio Scarabellin, boxe, gondola e musica
Venezia, 24 aprile 2017 -Venezia piange il suo “grande” gondoliere, Plinio Scarabellin se ne è andato a 83 anni. Si trovava nella Casa di Riposo San Lorenzo dove da tempo era ricoverato. Noi parliamo di gondoliere, uno dei tanti lavori che Plinio ha svolto, ma la sua fama era dovuta al fatto che lui faceva la boxe a cavallo degli anni ’50 e “60. Apparteneva alla categoria dei massimi, ma non era il solo in famiglia visto che Bruno, il fratello maggiore di cinque anni, già da tempo calcava il ring. La boxe a Venezia “viaggiava” non solo in gondola ma a tutto campo dai pesi minori, vedi i fratelli Sergio e Ugo Milan, ai massimi con Plinio e Bruno Scarabellin, due fisici da paura. Due fratelli, due sculture, erano i nostri Klitschko dell’epoca. Erano sulla bocca di tutti e per certi versi rubavano fama a quel Francesco De Piccoli di Mestre che spopolava tra i dilettanti, vincendo da dominatore le Olimpiadi del 1960. Sulla carta Bruno, che ci ha lasciato 4 anni fa, appariva come il più forte, ma c’era un motivo predominante, il suo fisico scultoreo era perfetto da peso massimo naturale, proprio come lo era De Piccoli. Il discorso cambiava per Plinio, che oggi sarebbe stato un perfetto massimo leggero e molte volte era ingaggiato addirittura, logicamente con molti sacrifici, da mediomassimo. I combattimenti di Plinio erano spettacolari, da cardiopalma, quello che il pubblico dell’epoca cercava. Vederlo apparire sul cartellone era una garanzia che sarebbe stata una serata movimentata, ma soprattutto che il match aveva poche probabilità di sentire il suono dell’ultimo gong. Lo dice chiaro il suo record da professionista, iniziato nel 1958 e terminato nel 1963. Solo sei anni, ma tremendamente intensi con 28 vittorie e 5 sconfitte, tenendo presente che 21 dei suoi avversari finirono prima del limite, ma come contraltare anche lui nelle 5 sconfitte non sentì il suono dell’ultimo round. Il controsenso è che un pugile del genere non ha conquistato titoli, mentre il fratello Bruno divenne campione italiano nel 1959 e perse nel 1960 il titolo ad opera di un altro veneto, il padovano Federico Friso, in un match che si svolse allo Stadio Amsicora di Cagliari. Intrecci che oggi ci appaiono misteriosi, ma che all’epoca erano la norma di un’attività “fiorente”. Il suo esordio fu devastante con una sequela di ben 13 vittorie prima del limite consecutive, con gente di casa nostra che se la batteva alla pari. Le sue vittorie su Ottavio Panunzi, idolo del pubblico romano, e Mariano Echevarria, campione spagnolo, lo lanciarono definitivamente. Il 17mo match non gli portò fortuna visto che il grossetano Domenico Baccheschi lo mise ko all’8° round. Destro micidiale, ma mascella non certo a prova di bomba. Plinio, richiestissimo su tutti i ring d’Italia, ottenne vittorie importanti su Max Brianto, campione francese, e il potentino Rocco Mazzola, più volte campione italiano e sfidante al titolo europeo. Il successo sul pericoloso americano Bert Whitehurst lo consacrò a stella di prima grandezza, pronto a spiccare il salto di qualità a livello internazionale. Ma due sconfitte una vicina all’altra, subite ad opera di Robert Duquesne, campione francese, e Franco Cavicchi, contro il quale disputò un ottimo incontro, in qualche modo decretarono la fine delle sue ambizioni avvalorate dal fatto che le sue doti d’incassaggio non resistevano più a gente molto più pesante di lui. Venezia lo adorava anche per la sua poliedricità, scrisse tra l’altro molte canzoni che ebbero un discreto successo all’epoca, e che ancora oggi nella città dei doge cantano e fischiettano
di Alfredo Bruno
Foto Archivio Storico FPI