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Come nasce il tuo impegno nel mondo del pugilato ?
“Nasce dal basso e cioè nella veste di pugile. A 11 anni, nel 1971, partecipai ai Giochi della Gioventù, poi ho fatto il torneo Primi Pugni, il novizio e circa 140 incontri. Ho smesso nel 1982 per fare il tecnico, quindi ho iniziato ad organizzare riunioni ed a fare il manager. La mia prima manifestazione professionistica risale al 1988. Si trattava dell’esordio di Maurizio Tralongo, un pugile che stimavo molto e che ha combattuto due volte per il Titolo Italiano dei super leggeri (contro Calamati e Perna)”
Hai seguito tanti pugili. Quale quello che ti ha sorpreso maggiormente rispetto alle aspettative?
“Sicuramente Leonard Bundu. Lo presi insieme a Zamora e Vidoz dalla nazionale. Si presentò da peso medio, lo convinsi a scendere di peso ed a cambiare stile di vita e da welter si è espresso al massimo. L’allora fidanzata ed attuale moglie Giuliana é stata la persona giusta al momento giusto e grazie a lei Leonard è cambiato, ovviamente in meglio, raggiungendo i risultati che erano nelle sue corde”
Da chi invece ti saresti aspettato di più?
“Da Simone Rotolo. Era una forza della natura, i suoi match contro Signani, Sylvester ed il sudafricano Gare dimostrarono solo in parte l’enorme valore inespresso di questo ragazzo che poteva ottenere molto di più se non fosse stato per il suo carattere particolare”
Qual è la principale dote che deve avere un manager?
“E’ importante avere una cultura pugilistica a 360 gradi. Io ho fatto tutto nell’ambiente pugilistico, dall’atleta al maestro fino all’organizzatore. Grazie a questo background riesco oggi a capire su quali pugili concentrare le mie attenzioni. Purtroppo ci sono troppi manager che si limitano a lucrare sulle borse dei loro pugili senza operare in base ad un reale progetto a lunga scadenza. Io amo il mio lavoro perché la gioia che mi da portare un ragazzo a centrare i suoi obiettivi da sola mi ripaga dei tanti sacrifici che devo sostenere per muovermi in un ambiente così complicato”
Hai anticipato la mia domanda. Quali sono le difficoltà di cui parli ?
“Sono tante e la prima è l’allontanamento delle televisioni dal pugilato che ha determinato una fuga degli sponsor. In Francia, una realtà che conosco molto bene, c’era una situazione del genere, poi Canal Plus è tornata ad investire ed è tutto ripartito”
Pensi che la nuova FPI si stia muovendo nella giusta direzione ?
“Assolutamente si. In pochi mesi è stato fatto tantissimo e di questo sono molto soddisfatto. Ero inizialmente scettico mentre vedo che si sono realizzati degli accordi importanti volti a ridare visibilità al prodotto pugilistico. Ho parlato con i nuovi vertici ed ho apprezzato il loro impegno e la loro trasparenza. E’ finito il tempo dei favoritismi. Si da fiducia e supporto a chi dimostra di proporre qualità ed idee. Non si può d’altra parte più perdere tempo. Ricordo ancora quando nel 1980 fu rinviato il match tra MInchillo e Ungaro e Branchini riuscì ad ottenere, grazie all’intervento della FPI, un rimborso dal manager di Ungaro di 1 milione. L’infortunio era veritiero, ma era giusto ripagare dei suoi sforzi l’ottimo Minchillo che si era comunque preparato per mesi. Ecco, mi sembra che stiamo tornando a quei tempi e la cosa mi da grande fiducia per il futuro”.
di Stefano Buttafuoco