Il ricordo di Franco Venditti

Anche Franco Venditti ci ha lasciato. Il popolare “raspone” aveva 82 anni ed era quel personaggio tipico che poteva definirsi “immortale”, per cui la triste notizia ci ha un po’spiazzato tutti. Io e lui ci siamo conosciuti una cinquantina d’anni fa. Lavoravamo entrambi al Messaggero, lui come operaio e io in redazione. Lui lavorava in un reparto sottoterra, malsano con esalazioni di piombo. Avevamo entrambi una passione, che in qualche modo ci fece incontrare. Fu una casualità e sinceramente non mi ricordo di preciso. Andai in una sorta di scantinato dove lavorava insieme ad una signora, cui mancavano qualche dito, segno inequivocabile della pericolosità del lavoro che facevano. Lui venne a sapere che scrivevo sul pugilato, seguendo le orme di Teo Betti e Sergio Valentini, firme storiche del giornale. Mi raccontò la sua vita e qualche segreto, era ferratissimo su Tiberio Mitri che adorava e che accompagnò per tutto l’allenamento che il triestino svolse prima di affrontare Randolph Turpin per l’ europeo. E soprattutto ricordava quel colpo che Gigi Proietti inculcò nel cervello del campione fino a farlo diventare automatico. Si divertiva a raccontare la strana e ricca alimentazione con marmellata. Devo essere sincero, ma ho un ricordo vago di quando combattè, cominciò da ragazzino sui ring americani e messicani dove combattevano i kid gloves, ragazzini che se le suonavano di santa ragione con poche accortezze dei grandi che si divertivano, mi faceva vedere i giornali d’epoca che parlavano di questo fenomeno. Era un praticone nell’insegnamento avendo rubato con gli occhi a vari grandi maestri dell’epoca. Logicamente era molto amico dei Proietti e cominciò a girare nelle palestre dove la sua opera risultava sempre utile. Per un buon periodo fu il braccio destro del commendatore Giuseppe Ballarati nella storica palestra di Trastevere. Conosceva tutti nell’ambiente e quando c’era da cercare notizi su vecchi campioni bastava fare il suo numero di telefono, o fisso o mobile, lui rispondeva sempre riempendoti di notizie.  Per certi versi era una figura pasoliniana diventando un cult anche nella cinematografia con innumerevoli comparse dove la sua parlantina tra il romanesco e il romanaccio faceva presa sul pubblico. Anche Carlo Verdone lo utilizzò nei suoi primi film. La boxe era il suo regno ed era molto orgoglioso della nomina a Maestro Benemerito. Aveva allenato nelle zone dove la romanità era più forte, dal Testaccio a Corviale, fino a trovare la sua sede ultima presso la Team Boxe Roma XI, la palestra aperta da Italo Mattioli e Luigi Ascani. Negli anni “80 c’era un rito settimanale, a pranzo o a cena lui si incontrava con due commensali d’eccezione come Steve Klaus e Natalino Rea. Chi voleva conoscere segreti e aneddoti della boxe romana quella era l’occasione ideale. L’ho conosciuto per così tanto tempo che sembra di averlo davanti ancora a scrutarmi con quel suo sguardo di amico sincero. Uno dei pregi della boxe è proprio quello di conoscere personaggi come lui.

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