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Accadde oggi: 2 agosto 1980 Franco Falcinelli ricorda lo storico trionfo di Patrizio Oliva, oro olimpico a Mosca 1980
di Giuliano Orlando
Sono trascorsi ben 40 anni, dallo storico trionfo di Patrizio Oliva ai Giochi di Mosca. Il 2 agosto 1980, giorno delle finali, passò alla storia per l’immagine di Oliva portato in trionfo da Franco Falcinelli, il tecnico azzurro che lo aveva guidato all’oro olimpico, rompendo un digiuno che durava da 16 anni. Dopo le Olimpiadi di Roma 1960 e Tokyo 1964, trionfali per il pugilato azzurro, con sei ori (Musso, Benvenuti, De Piccoli, Atzori e Pinto), tre argenti (Zamparini, Lopopolo e Bossi), oltre a 4 bronzi (Giulio Saraudi, Bertini, Valle e Ros), i guantoni di casa nostra per 16 anni non assaporarono il gusto del metallo più prezioso. Zero medaglie a Città del Messico 1968, Monaco di Baviera 1972 e Montreal 1976. A rompere la striscia negativa ci pensò Patrizio Oliva, lo scugnizzo napoletano autore di un’impresa eccezionale, battendo in finale il grande favorito e idolo di casa, Serik Konakbayev, capitano della squadra dell’URSS. Ma come sempre accade, per far crescere un grande un campione e portarlo al top della condizione nel momento giusto è indispensabile che ci sia un grande maestro, ovvero Franco Falcinelli. Quel 1980 non fu facile per nessuno. Sul piano politico l’invasione dell’Afganistan da parte dell’URSS, innescò una serie di ritorsioni che coinvolsero anche lo sport, tanto che l’allora presidente americano Jimmy Carter, mise in atto la ritorsione più clamorosa, dichiarando che gli USA avrebbero boicottato i Giochi di Mosca, invitando tutti i paesi amici a fare altrettanto. Una situazione complicatissima, che il CIO tentò invano di comporre. Il presidente del CIO, l’irlandese lord Killanin, contattò inutilmente i governi di USA e URSS, per comporre la diatriba. Ciascuno mantenne la posizione e a Mosca disertarono 65 nazioni, mentre altri 81 paesi furono presenti.
Presidente Falcinelli, come debutto ai primi Giochi olimpici in veste di responsabile della squadra nazionale, non le mancò nulla per rendere in ogni senso la spedizione, decisamente speciale.
“L’onorevole Franco Evangelisti, Presidente della FPI, mi affidò la squadra azzurra dopo un Consiglio Federale nel mese di dicembre 1979 su proposta del grande maestro Natalino Rea. La notizia venne trasmessa su RAI sport, dopo il telegiornale. Il Centro di Preparazione della nazionale juniores che seguivo dai Campionati Europei di Dublino del 1978, era stato trasferito da Fiuggi a Perugia e il prestigioso incarico di guidare tutte le squadre azzurre mi obbligarono a chiedere di trasferire nel Centro perugino tutta l’attività internazionale. Sono ancora grato al presidente Ermanno Marchiaro ed al suo vice Luciano Fileni, per avermi concesso l’opportunità di allenare gli azzurri a tempo pieno”.
Anche la preparazione risultò rivoluzionaria e non tutti erano d’accordo. Lei aveva acquisito molte informazioni e viaggiato per il mondo, studiando non solo il sistema sovietico e quello cubano, ma novità anche in campo dietetico, quindi alimentare, affiancato da specialisti medici sportivi. Quali furono le reazioni sia da parte federale che degli atleti, che si trovarono ad allenarsi con sistemi nuovi?
“Dopo la Scuola Centrale dello sport e due anni di tirocinio con Rea e Poggi, ebbi l’opportunità di seguire la preparazione olimpica degli azzurri per i Giochi di Mexico 68 ad Addis Abeba in Abissinia; due mesi di specializzazione all’Istituto Superiore di Cultura Fisica di Mosca con il prof. Konstantin Gradopolov; un mese al Centro di Preparazione Olimpica di Cetniewo in Polonia con Felix Stamm; una settimana a Budapest in Ungheria con Lazslo Papp e Zsigmond Adler. Con i cubani attivammo la collaborazione dopo la vittoria di Damiani su Teofilo Stevenson ai mondiali di Monaco di Baviera nel 1982. Nel 1978 avevo pubblicato il libro “Metodi moderni di allenamento per la preparazione dei pugili”, molto apprezzato dai nostri Insegnanti e utile strumento di conoscenza specifica ancora oggi. Gli stages di “perfezionamento atletico e tecnico” a cui partecipavano tecnici e pugili di interesse internazionale offrì l’opportunità di trasmettere direttamente i nuovi sistemi di preparazione e di ottenne una migliore condivisione dei metodi di preparazione, oltre ad una più proficua collaborazione tra il Centro Nazionale e le società sportive”.
Com’era la situazione della nazionale alla vigilia dei Giochi di Mosca?
“In quel dicembre del 1979, la situazione degli azzurri non era molto incoraggiante ma c’erano buone speranze per il recupero in particolare di Patrizio Oliva e di alcuni validi atleti che avevano disputato i Giochi del Mediterraneo di Spalato e che avevano riconfermato le loro qualità ai Campionati assoluti di Fano (26 novembre/1 dicembre 1979. Patrizio Oliva uno dei talenti più prestigiosi di quel periodo, non partecipò ai Campionati, tenuto a riposo a seguito di un trauma riportato in occasione dei Giochi del Mediterraneo di Spalato e soltanto il 2 gennaio 1980, il Segretario generale FPI Vittorio Peconi, comunicò che l’Istituto di Medicina dello Sport del CONI l’aveva giudicato idoneo. Patrizio Oliva, allievo del bravissimo maestro della Fulgor di Napoli Geppino Silvestri, lo conoscevo dall’edizione dei Campionati Italiani di Torino 1976 ed avevo avuto la soddisfazione di guidarlo ai Campionati Europei di Dublino del 1978 dove, nei pesi leggeri, conquistò il primo titolo ”juniores” per l’Italia, dal 2008 denominati youth. In quell’occasione, Oliva realizzò un capolavoro tecnico-tattico, meritandosi gli applausi anche dei dirigenti internazionali. Il prof. Emile Jetchev, Presidente dell’EABA, stimato docente di programmazione e pianificazione della metodologia dell’allenamento all’Università di Sofia, si complimentò come me ed io colsi l’occasione per avviare una corrispondenza di cultura sportiva che mi fu molto utile dal punto di vista professionale, ma anche umano e…. olimpico, come evidenzierò più avanti”.
Quando e come iniziò la parte conclusiva in vista dei Giochi di Mosca?
“La preparazione ai Giochi della XXII Olimpiade 1980, iniziò a Perugia, nel mese di dicembre 1979, proseguendo a Grosseto dove allestimmo il dual match Italia-Francia che ci permise di valutare più compiutamente le grandi possibilità di crescita di Francesco Damiani, che si prese l’importante rivincita contro Dominique Nato, un palermitano di spessore, trasferitosi in Francia. Oggi in lizza per diventare presidente della federazione transalpina. A gennaio ci recammo a Cortina d’Ampezzo per un periodo di potenziamento organico. La fase “pre-olimpica” fu condotta a Piediluco nel ternano, località nota per il lago che ospita il Centro Nazionale di Canottaggio e a Nocera Umbra, nota per le sue acque minerali. Gli allenamenti collegiali iniziarono il 19 giugno ed io purtroppo non ebbi il tempo di stare con mia moglie il giorno in cui diede alla luce mio figlio Marco. A Piediluco furono convocati: Ciro De Leva, Franco Cherchi, Carlo Russolillo, Patrizio Oliva, Roberto Pirastu, Benedetto Gravina, Gaetano Ardito e Francesco Damiani. Al mio fianco il maestro di sport Nazzareno Mela, in qualità di vice allenatore federale, Giorgio Petriccioli e Franco Mulas. Per la preparazione atletica, utilizzammo vecchi sistemi di preparazione e per potenziare le mani e le braccia, acquistammo delle asce con le quali in un bosco limitrofo gli azzurri abbatterono alcuni alberi. Gravina che era il più solido dal punto di vista muscolare prese di mira un pino gigantesco che cadendo si abbattè sul traliccio dell’alta tensione e mandò in tilt la corrente elettrica per mezza giornata in tutta Terni. Fummo denunciati ma grazie ai miei buoni rapporti con il vicesindaco di Terni, Bruno Capponi non subimmo condanne penali e amministrative. Poi ci trasferimmo a Nocera Umbra per l’ultima fase della preparazione olimpica che si concluse il 15 luglio. Il comune ci mise a disposizione tutte le sue attrezzature sportive e la calorosa partecipazione della gente alle attività di allenamento resero il soggiorno molto piacevole. Il legame con Nocera Umbra è rimasto così forte che Damiani ha acquistato una casa dove trascorre molti giorni dell’anno per soddisfare la sua passione per la caccia. Oggi è un cacciatore di alto livello, ma all’inizio del suo hobby, il cane da caccia di mio padre fu impallinato ed invece della quaglia, morì l’incolpevole animale. Per garantire il massimo impegno nell’attività di sparring-partner convocammo validi campioni professionisti come Joe Messa, Martinese, Santos, Aldo Traversaro e Lorenzo Zanon. Che si prestarono con entusiasmo e impegno da allenatori di ottima qualità. La squadra che io proposi per Mosca era composta da Russolillo (60), Oliva (63,5), Gravina (71), Ardito (75) e Damiani (81+). Purtroppo il CONI non ritenne opportuno inserire Ardito e quindi partimmo con quattro pugili, un solo tecnico, l’arbitro/giudice Tallarico ed il Capo Delegazione Ermanno Marchiaro, in quel periodo vice presidente FPI. Per dirla tutta, i vertici Coni non credevano molto sulle nostre possibilità. Al contrario di noi. Patrizio Oliva mi aveva richiesto, more solito, anche un gesto clamoroso e fuori dalle regole al momento dell’annuncio della sua vittoria. “Voi mi dovete promettere di entrare nel ring e sollevarmi con le braccia alzate”. Usuale nel professionismo, non tollerato nei dilettanti. Lo rassicurai e così fu! All’annuncio del verdetto entrai nel ring e lo sollevai. Fui richiamato verbalmente, ma non punito. Addirittura a Patrizio fu assegnata la “Coppa Val Baker” come miglior pugile del torneo. La seconda conquistata da un pugile italiano dopo quella ai Giochi di Roma 1960 riconosciuta a Nino Benvenuti!”
Quanto contano i sorteggi in una rassegna come i Giochi?
“I Tornei Olimpici, come tutte le manifestazioni internazionali, sono sempre strettamente legati ai sorteggi ed alle giurie. A Mosca il peggiore toccò al genovese Carlo Russolillo, che nei sedicesimi di finale si trovò subito di fronte il miglior pugile della categoria, il cubano Angel Herrera che poi vinse l’oro battendo in finale per KOT al 3° round il potente sovietico Demianenko. Carlo disputò un ottimo incontro cedendo onorevolmente ai punti. Anche il pugliese Benedetto Gravina, non ebbe un percorso facile. Al primo incontro si trovò di fronte il cecoslovacco Franek, che lo costrinse alla resa al secondo round. Franek a sua volta, si fermerà in semifinale contro il cubano Martinez, oro nei superwelter. Il massimo Francesco Damiani poteva giungere in medaglia ed anticipare la sfida con Teofilo Stevenson ai mondiali dell’82, ma un accesso al dente ne limitò sensibilmente il ritmo esecutivo e l’espressione della sua migliore tecnica. Fu sconfitto ai punti dal sovietico Zaev ai quarti di finale. Negli ottavi aveva debuttato con successo contro il quotato romeno Piriol, Oliva ebbe il percorso più agevole. All’esordio eliminò senza fatica al primo round Agnan del Benin. Negli ottavi di finale ancora una autorevole vittoria per arresto del combattimento al terzo round contro il siriano Halabi. Nei quarti trovò un temibile avversario, lo jugoslavo Rusewski, campione del Mediterraneo 1979, che dominò ai punti. In semifinale si impose ai punti senza problemi all’inglese Willis, mentre nell’altro girone una mano ce la diede il fortissimo cubano Aguilar che pur perdendo, inflisse a Serik Konakbaev, due durissimi conteggi. La finale fu una durissima sfida. Era anche la rivincita della finale agli Europei del 1979 a Colonia in Germania. I primi due round risultarono molto intensi ed in sostanziale equilibrio. Al termine del secondo round Patrizio venne all’angolo e disse: “nun ce a facce cchiu”. Allora tirai fuori una frase che tenevo in serbo per i momenti drammatici: “Patrì, fallo per Ciro!”. A quel punto, i suoi occhi ebbero un lampo, come se il fratellino scomparso, al quale era molto legato, gli avesse profuso una dose di straordinaria energia. Oliva si lanciò sull’avversario vincendo il terzo e determinante round. Ed ora una confessione che pochi conoscono: rischiammo di non essere ammessi al Torneo Olimpico! Purtroppo, il nostro capo delegazione Ermanno Marchiaro, dopo aver preso parte alla riunione della Commissione Tecnica dell’AIBA non mi comunicò il giorno e l’ora del peso ufficiale fissato per venerdì 18 luglio, due giorni avanti l’inizio del Torneo Olimpico. Noi eravamo convinti che il peso ufficiale fosse per il giorno 19. Il venerdì mattina, in tutta tranquillità, ci recammo in pullman al campo di allenamento distante 40 km dal Villaggio Olimpico, proprio per preparare il peso del giorno dopo. Verso le 10, il custode della palestra arriva di corsa ed in russo mi invita a rispondere al telefono: “Pronto, chi parla? “A sonati, ma ‘ndò state? C’è il peso ufficiale e termina alle 12”. Era Mario Pescante! Una coltellata mi avrebbe fatto meno male. Damiani che non aveva problemi con la bilancia, lo feci partire subito con un taxi. Per gli altri tre, dopo aver verificato che erano tutti fuori peso, dovuto all’abbondante colazione, occorreva trovare una soluzione. C’era solo una possibilità: la sauna. Per fortuna nelle palestre russe non mancano mai. Li rinchiusi in sauna alzandola al massimo della temperatura. Gravina che non l’aveva mai fatta, voleva uscire e minacciava di sfondare la porta. Con l’aiuto del custode, avevo messo un chiavistello e riuscii a tenerli tutti dentro per una ventina di minuti. Dopo la cura d’urto, tra le sacrosante proteste, feci un rapido controllo del peso e senza fare la doccia, risalimmo sul pullman per completare la sudorazione. Arrivammo alle 12 e pochi minuti. Troppo tardi, ci dissero. Solo Damiani era in gara. Chiesi di parlare con il prof Jetchev che era Presidente della Commissione tecnico-organizzativa del Torneo Olimpico. In francese, gli spiegai tutto quanto era successo ed in virtù di quell’amicizia, nata a Dublino due anni prima, accolse le mie richieste ed ammise al peso i tre azzurri. A ripensarci, dopo 40 anni, mi viene ancora la pelle d’oca”. I verdetti nel pugilato furono straordinariamente corretti. Delle 10 Olimpiadi a cui ho preso parte come tecnico e come dirigente, i Giochi di Mosca sono i stati i più eticamente corretti ed il fattore campo non ha giocato quel ruolo che solitamente pesa con i verdetti concessi come “premio organizzativo”. Purtroppo, mentre festeggiavamo la grande impresa di Patrizio e degli azzurri ai Giochi di Mosca tutto si spense quando venne diffusa la tragica notizia della strage terroristica che aveva colpito Bologna e l’Italia proprio il 2 agosto 1980. Un vero colpo maligno, inaspettato”.
Ai Giochi di Tokyo 2021 il pugilato per la prima volta nella sua lunga storia, partecipa sotto l’egida del CIO. Sarà solo un fatto episodico?
“L’AIBA ha commesso gravi errori nel recente passato. La gestione autocratica del presidente C.K.WU e la debolezza del Comitato Esecutivo, di cui ho fatto e faccio parte, che non ha avuto il coraggio o la capacità di contestare il management della nostra Federazione Internazionale, ha costretto il CIO a prendere una decisione drammatica ed umiliante per il glorioso pugilato olimpico. Stiamo cercando di recuperare, imparando dagli errori commessi, e vogliamo, con tutta la nostra tenace volontà e sincera determinazione, riconsegnare al nostro movimento sportivo, in crescita in tutto il mondo, la credibilità, l’orgoglio ed il radioso futuro che la sua gloriosa tradizione e i grandi campioni che ha espresso in ogni Olimpiade, auspicano e meritano. Sono fiducioso che a Parigi 2024 ci sarà ancora una nuova AIBA a guidare il pugilato olimpico”.
Nella foto Patrizio Oliva mostra la Coppa come miglior atleta a Mosca al presidente FPI on. Franco Evangelisti