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Accadde oggi: 27 maggio 1994 Giorgio Campanella ad un passo…dalla gloria
Il 27 maggio 1994 avrebbe potuto essere una data non solo storica per noi, ma una data che forse avrebbe potuto rivoluzionare il movimento pugilistico internazionale. Messa così la cosa potrebbe oltre a incuriosire anche un po’ spaventare, logicamente in senso bonario.
Oscar De La Hoya, medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1992, il 5 marzo del 1994 era il fresco campione WBO dei leggeri. Giulio Spagnoli, accompagnato da Salvatore Cherchi, volava a Los Angeles per incontrare Bob Arum, il grande organizzatore che tesseva le file della boxe mondiale. Sul piatto della bilancia veniva proposta una difesa volontaria tra il “fuoriclasse” e il nostro Giorgio Campanella, un buon pugile all’epoca campione italiano, ma con un trascorso dilettantistico di grande qualità. Campanella da pro all’epoca era imbattuto dopo 20 match, la maggior parte vinti prima del limite. La trattativa ebbe buon esito, ma per certi versi nelle conferenze stampa De La Hoya un po’ snobbava il nostro pugile, relegato al ruolo quasi di collaudo.
Il 27 maggio 1994 Giorgio Campanella si presentò all’ MGM Grand Hotel di Las Vegas con un 10 a 1 tra gli scommettitori che in pratica non gli dava alcuna chance. Il match era cominciato da poco e De La Hoya si muoveva sul ring con sicurezza di fronte ad un avversario in fase guardinga e di studio. Il campione improvvisamente partiva con un gancio sinistro, Campanella era svelto ad evitare il colpo e a piazzare nella parte scoperta della mascella il suo gancio sinistro. I 10mila presenti ammutolirono nel vedere il loro idolo seduto al tappeto, frastornato e spaventato. Era una situazione non solo imprevedibile, ma nella quale De La Hoya non aveva esperienze. Ecco qui passa quella frazione di secondi legati alla indecisione che attanagliò Campanella, che avrebbe dovuto attaccare subito “senza pietà” appena scaduti gli 8” del conteggio. Ancora oggi il pugile di Crotone non riesce a spiegare quel black out, si trovava di fronte ad una svolta epocale e se la lasciava scappare. Non attaccò subito e De La Hoya fece la cosa più semplice, ma necessaria, usare il suo smisurato allungo per tenere lontano questo avversario che improvvisamente aveva dismesso i panni del “collaudatore” per trasformarsi in una sorta di “pericoloso giustiziere”. Forse dopo l’indecisione nella mente di Giorgio albergava la speranza di ripetere quel colpo. Campanella per certi versi era paralizzato dalla tensione, la situazione si capovolse e il nostro va al tappeto su un gancio corto. Non c’era più match, Campanella provava a replicare ma senza successo. Al terzo round andava al tappeto altre due volte prima che l’arbitro fermasse il match. Oscar De La Hoya tutto sommato ne usciva da gigante nella considerazione dopo questo match; Campanella tornava a casa consapevole di aver sciupato la più grande occasione della sua vita e lo stesso vincitore stavolta aveva sincere parole di elogio per lui.
(alb)