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17 APRILE 1967, LA NOTTE IN CUI BENVENUTI CONQUISTO’ IL MONDO
New York, 17 aprile 2017 – Dietro ogni impresa umana ci sono sempre molteplici fattori che concorrono alla sua riuscita. La passione, la determinazione, la ricerca, il sacrificio, la capacità di guardare oltre l’utopia. Lo stesso vale anche per le imprese sportive, dove insieme al talento e alla determinazione, hanno il loro peso pure la psicologia, l’ambiente che circonda l’atleta, quelle piccole e grandi circostanze favorevoli che preparano il successo. Tutto questo è valso anche per la più grande impresa della boxe italiana, che vide il 17 aprile 1967 – esattamente 50 anni fa – Nino Benvenuti sconfiggere Emile Griffith e divenire campione del mondo dei pesi medi. E’ lo stesso Benvenuti, che all’epoca aveva 29 anni e nel suo curricula sportivo poteva vantare anche una medaglia d’oro olimpica, ad ammettere come quella fantastica vittoria ottenuta al Madison Square Garden sia stata resa possibile sì dal suo talento pugilistico e dalla chiara superiorità tecnica mostrata nei riguardi dell’avversario, ma anche da tutta una serie di episodi favorevoli che avevano preceduto il match. Certo Nino, la vittoria, prima di ottenerla fra le 12 corde, l’aveva sapientemente costruita passo dopo passo durante la lunga preparazione. Eppure, la prima frase detta dal pugile triestino, appena atterrato all’aeroporto J.F.Kennedy fu: “Io rinuncio al match e torno subito a casa”. Una reazione quella dello sfidante al titolo dei medi provocata dal fatto che nessun giornalista lo avesse atteso all’arrivo; chiaro segnale della scarsa considerazione di cui godeva presso la stampa americana. Era stato Nat Fleischer, il direttore di The Ring, certamente il più grande esperto di pugilato allora vivente, a sparigliare le carte quando alla conferenza stampa di presentazione del match, svoltasi a Mamma Leone’s il 28 marzo, aveva detto che Benvenuti avrebbe potuto battere Griffith “semplicemente perché sapeva fare la boxe meglio di Emile”. Certo è, che il successo di Nino fu in parte determinato dalla capacità del suo manager Bruno Amaduzzi e di tutto il clan del triestino di creare intorno al pugile un’atmosfera serena, sana, quasi di casa. E in questo fu determinante il fatto che Benvenuti poté allenarsi al “Villaggio Italia”, il cui proprietario Aldo Di Belardino fece di tutto perché Nino stesse bene in quel posto. Quante volte era capitato nella storia della boxe che dei nostri campioni, chiamati a combattere all’estero, avessero vissuto la vigilia di un match importante in un’atmosfera ostile, pesante, a volte anche minacciosa, causa poi di amare sconfitte. Questo ad esempio fu quello che accadde ad Oddone Piazza nel ’32, quando in America fu battuto da Gorilla Jones. Così non fu per Nino che, protetto in maniera intelligente dal suo staff, poté arrivare all’incontro nelle migliori condizioni psico-fisiche.
Il giorno del combattimento, lo sfidante fece registrare al peso 72,121 kg contro i 69,515 del campione. I bookmakers davano Benvenuti perdente 5/9. Quella sera al Madison si contarono quasi 15.000 spettatori paganti e i biglietti a bordo ring costavano 20 dollari. Ted Brenner, l’uomo allora più importante del Madison, poteva guardare all’incasso di oltre 200.000 dollari con grande soddisfazione.
L’apparizione di Nino sul ring fu salutata con tripudio dai molti connazionali che erano giunti da oltre Atlantico con dei voli charter. A bordo ring pure Franco Dominici, l’unico giornalista italiano – inviato del Corriere dello Sport – che poté raccontare la grande avventura del triestino a New York dal primo all’ultimo giorno. In Italia invece l’incontro sarebbe stato seguito alla radio da 18 milioni di ascoltatori, ipnotizzati dalla appassionata radio cronaca di Paolo Valenti. Dopo gli inni nazionali, al suono del gong Benvenuti si portò subito al centro del ring sorprendendo con rapide combinazioni il campione delle Isole Vergini. Vinse così in scioltezza il primo round. Ma alla seconda ripresa il match registrò una ancora maggiore superiorità di Nino, il quale riuscì a mettere Griffith al tappeto, dopo averlo colpito con un preciso montante destro al mento. Più sorpreso che scosso il campione, dopo il conteggio dell’arbitro Mark Conn, riprese subito il combattimento, ma la sicurezza più volte ostentata alla vigilia dell’incontro, cominciò a vacillare. Comprese che Benvenuti non era un bluff. D’altronde Nino appariva in forma smagliante, e questo lo doveva alla preparazione svolta al Villaggio Italia; un allenamento duro, difficile, a tratti crudele, condotto sotto la guida di Amaduzzi, del trainer Libero Golinelli, e con dei validi sparring partners come Larry e Ted Wright.
Il triestino sapeva bene che per battere un campione di rango come Griffith occorreva una forma atletica perfetta, ed avere fiato per tutte e 15 le riprese. I benefici del duro allenamento si videro tutti al 4° round quando Nino, colpito da un largo destro dell’americano, venne proiettato sulle corde per poi finire al tappeto. Un pugile non allenato a dovere probabilmente non avrebbe avuto la forza di rialzarsi. Ma Benvenuti, sorretto anche da una incrollabile forza di volontà, si risollevò da terra, e dopo il conteggio riuscì a concludere la ripresa senza ulteriori danni. Anzi, pare che quell’atterramento finì per dargli una nuova carica di adrenalina. “Sto bene. State calmi. Adesso lo distruggo!” furono le sue parole gridate all’angolo durante l’intervallo.
Dopo avere messo in seria apprensione i suoi tifosi che per un attimo avevano pensato che il sogno fosse già finito, Benvenuti pareggiò la quinta ripresa, poi si aggiudicò nettamente la sesta e la settima, e lasciava al campione l’ottava e la nona. Due assalti durissimi durante i quali i segni della dura lotta si evidenziarono tutti sulla faccia dell’italiano. Ma dal 10° round in poi Nino prese decisamente il comando del match, conservando una costante superiorità sino alla fine del combattimento. Suonato il gong della quindicesima ripresa, anche quella vinta brillantemente, adesso non rimaneva che attendere il verdetto. Quella l’ultima emozione, ed anche l’ultima paura di Benvenuti, e di tutto il suo angolo, di cui faceva parte anche Aldo Spoldi. I giudici avrebbero riconosciuto la superiorità dell’italiano? Dopo interminabili minuti di attesa fu lo speaker a spezzare la tensione, annunciando la vittoria di “Naino Benvenuti” con verdetto unanime. L’arbitro Mark Conn aveva visto vincente l’italiano per 10 a 5. Lo stesso dicasi per il 1° giudice Al Berl, mentre il 2° giudice si espresse con un 9 a 6 sempre a favore del triestino. Benvenuti era il nuovo campione dei pesi medi. Il primo italiano a conquistare un titolo mondiale dopo la leggendaria vittoria di Carnera nel ’33 contro Jack Sharkey, che era valsa al gigante friulano la corona dei pesi massimi.
Il giorno dopo la vittoria su Griffith al Madison Square Garden alcuni giornalisti sulle pagine dei giornali americani scrissero “Benvenuti è il più nobile gladiatore romano che mai sia entrato nel mondo dello sport”. Ma i commenti più lusinghieri per il nostro pugile giunsero soprattutto dai grandi campioni del passato che avevano assistito al combattimento. Joe Louis commentava: “Benvenuti ha dato una lezione di pugilato nella grande arena del Madison Square Garden”; “Marciano dichiarava: “E’ stato il trionfo dell’intelligenza. Credo che si siano visti ben pochi campioni del valore di Benvenuti.” E Ray Robinson: “E’ stato il più forte e il più intelligente. Nino è un magnifico campione!”. E infine Rocky Graziano commentava: “Che classe! Che campione! Ai miei tempi avrei voluto avere la tecnica di Benvenuti”.
Ma quell’epico incontro al Madison, – proclamato poi fight of the year – rappresentò solo il primo capitolo di una trilogia che avrebbe consegnato i due protagonisti, Benvenuti e Griffith, alla leggenda della boxe. Così, il 28 settembre di quello stesso anno, nella rivincita combattutasi allo Shea Stadium di New York, Emile Griffith battendo nettamente Benvenuti ai punti si riprendeva il titolo delle 160 libbre. Fu quello per Nino un incontro durissimo che, nonostante l’incrinatura di alcune costole, una frattura alla mano destra e numerosi tagli al volto, seppe portare a termine in piedi. Ci volle una terza sfida per decretare la superiorità dei due fieri avversari. Il 4 marzo del ’68 ancora a New York, stavolta nel nuovo Madison Square Garden, che veniva inaugurato proprio per quell’evento, Benvenuti sconfisse ancora i punti in 15 riprese il suo irriducibile antagonista, riconquistando la cintura mondiale dei medi. E per quel match venne riconosciuto fighter of the year. Nino, carico di gloria, riportava il titolo in Italia e lo avrebbe mantenuto sino a novembre del 1970, quando – forse più per il logorio di una lunga carriera che per propri demereti – lasciò la corona nelle mani di un altro grandissimo campione della categoria, l’argentino Carlos Monzon. Una sconfitta che però non ne ha scalfito il mito, né la popolarità. D’altra parte, proprio recentemente, durante una chiacchierata fatta in un bar a Piazza Istria, Nino mi disse che la grandezza di un campione si vede attraverso le vittorie che ha saputo cogliere, ma anche nel momento amaro della sconfitta.
di Gianni Virgadaula
Foto Archivio Storico FPI