Accadde oggi: 5 aprile 1959 nasce Nino La Rocca…Auguri per i suoi 60 anni

Il 5 aprile 1959 nasce Nino La Rocca a Port Etienne (Malì), il suo vero nome era Cheid Tijani Sidibè, da padre del Mali e madre siciliana. La boxe diventa fin da ragazzo la sua ancora di salvezza, soprattutto per mettere allo scoperto uno spirito bizzarro per certi versi prorompente sul ring e fuori del ring. Non passò inosservato fin dall’esordio sui ring africani e francesi. Il 14 novembre 1979 nella cittadina di Gualdo fa il suo esordio italiano contro Giuseppe Minotti che alla terza ripresa esasperato dice basta, più che per i colpi per la sua imprevedibilità e per i suoi sberleffi. Rodolfo Sabbatini, grande organizzatore romano, fiuta l’affare e lo affida a Rocco Agostino, che nel suo team poco dopo avrà anche Patrizio Oliva. Dal suo esordio infila un’incredibile serie di vittorie, ben 56 di cui 40 prima del limite. E’ cittadino italiano a tutti gli effetti anche se deve aspettare il 1983 per diventarlo ufficialmente grazie all’interessamento del Presidente Sandro Pertini. La stampa parla sempre con più insistenza di lui, è indubbiamente un personaggio costruito a regola d’arte agonisticamente da Sabbatini e Agostino. Come spesso accadde ha un bel numero di tifosi, ma anche un bel numero di detrattori che aspettano il suo passo falso. Nino ha doti di showmen, parla veloce, è una mitragliatrice non facile da contenere. Sul ring alterna frammenti eccezionali di bella boxe a pause inspiegabili, da molti definite ad hoc per aumentare il mistero intorno a lui: fuoriclasse o bluff. Appare evidente che il suo modello è Mouhammed Alì. Gli avversari vengono umiliati, anche se qualcuno pur sconfitto gli crea problemi che potrebbero far conoscere il suo “tallone d’Achille”. All’epoca la boxe italiana pur avendo molti bravi pugili sembrava concentrarsi sul duo Oliva e La Rocca. Erano loro a tenere alto l’interesse per il nostro sport, non è un caso che più volte pur appartenendo allo stesso procuratore venisse sventolata  una possibile sfida tra i due, rimasta solo nelle intenzioni. La prudenza di Sabbatini e Agostino deve rallentare quando la vetta sembra prossima. Il 10 aprile 1983 a San Remo va in porto una riunione con protagonisti d’eccezione come l’olimpionico Howard Davis, Sumbu Kalambay, Nicola Cirelli, ma il match che calamita quasi la totale attenzione si svolge tra Nino La Rocca e l’americano Bobby Joe Young; quest’ultimo ha disputato non molti incontri ma è conosciuto per la durezza dei suoi pugni. Oltreoceano lo vedono un po’ come lancio per l’americano. Nino spiazza tutti e disintegra il suo avversario con metodo quasi scientifico. Young nel terzo round piazza uno de suo micidiali destri, ma La Rocca  lo incassa con disinvoltura. Stavolta il “Nino” di turno oltre a incassare picchia duro, senza pietà. L’americano arriva all’ 8° round prima di essere fermato dall’arbitro, segnato e provato. Ormai si gioca a carte scoperte. Pochi mesi dopo a Roma arriva Pete Ranzany, un combattente che ha dato filo da torcere a Milton McCrory, Ray Leonard e Pipino Cuevas. Non è un picchiatore, ma è resistente e aggressivo. La Rocca domina da capo a piedi facendolo sembrare un principiante. Una sconfitta che lascerà il segno nel pugile di Sacramento, che decide di appendere i guantoni al chiodo. Nino fa un balzo in avanti nelle classifiche ed è preceduto solo dall’allora campione Milton McCrory, Donald Curry e l’inglese Colin Jones. Mostra il suo valore superando gente quotata come Galloway, Torrance e Vollbrecht. Arriva il momento per monetizzare con il campionato d’Europa. Il francese Gilles Elbilia sembra alla sua portata. A Capo d’Orlando sono pronti a festeggiare, ma non sarà così perchè la macchina s’inceppa anche per sfortuna sotto forma di ferita allo zigomo. Vince Elbilia per ferita, ma seppure in vantaggio La Rocca mostra qualche limite. Una sconfitta che non incide sul ranking mondiale e Sabbatini riesce a far firmare a Don Curry la sfida mondiale con il suo pugile. “Il cobra”, come viene chiamato l’americano, è indubbiamente di un altro pianeta, ma ancora oggi per chi ha visto quel match viene spontanea la domanda:”Sul ring di Montecarlo c’era il vero La Rocca?”. Oltrettutto nelle rare volte che il nostro riusciva a fare “la sua boxe” Curry dimostrava di non gradire. Solo che lì davanti c’era un pugile caricato a salve e il ko arrivato al VI round sembrava una liberazione per tutti. L’assurdo è che il La Rocca sconfitto, umano e vulnerabile, piaceva di più alla gente. A Vasto finalmente corona il sogno di un titolo con l’Europa ai suoi piedi per la bella vittoria su Kirkland Laing, un po’ il suo canto del cigno. La sua carriera iniziata come la carta velina di Mouhammed Alì si trasformava in un pugile di grandissime qualità ma di una fragilità psicologica che gli ha tarpato le ali nel momento più importante.

Noi abbiamo voluto parlare solo dei suoi 60 anni da bordoring. Il resto non ci interessa a differenza di altri. Indubbiamente si è trattato di un grande campione, più che di Mouhammed Alì ci viene di pensare a Naseem Hamed di origine yemenita. Oggi Nino La Rocca mantiene il suo spirito frizzante in un fisico atletico, la boxe gli è rimasta nel cuore, come il vestito che tieni da parte per le grandi occasioni.

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